COME AIUTARE I PROPRI FIGLI A INCREMENTARE LA LORO AUTOSTIMA

da | 10 Maggio 2022 | Infanzia e Adolescenza, Crescita Personale

“Valutati di più: ci penseranno gli altri ad abbassare il prezzo.”
(Anton Pavlovic Cechov)

Spesso la richiesta di molti genitori quando contattano un professionista è di aiutarli a far crescere l’autostima dei loro figli, perché o li vedono timidi, oppure troppo influenzabili dai compagni di classe, o ancora, isolati e insicuri.
I genitori solitamente pongono questa richiesta d’aiuto quando i figli iniziano ad avvicinarsi alla preadolescenza / adolescenza in quanto è l’età dove la maggior parte dei giovani iniziano a volersi differenziare dai genitori stessi per cercare la loro identità ed indipendenza.
L’autostima è molto importante in questa fase evolutiva, perché aiuta l’adolescente ad accettarsi con i propri pregi ed i propri difetti.
Molti ragazzi tendono a vedere cosa gli manca, cosa non sono capaci a fare dimenticando le loro qualità, che i genitori vedono ma che raramente riescono a far percepire al figlio. Infatti, molti genitori quando si chiede cosa hanno fatto fino a quel momento per aiutare i propri i figli ad incrementare l’autostima la risposta è “abbiamo cercato di fargli notare le sue qualità, gli diciamo spesso che è molto sensibile, intelligente e che è una bellissima cosa, ma lui si arrabbia e ci dice che diciamo così solo perché è nostro figlio!”. E come dargli torto! Questa reazione molto comune ci insegna che un conto è sentirselo dire dalla mamma, dal papà, dai nonni, differente invece è percepirlo!
Avere una buona autostima aiuta ad essere degli adulti più sicuri, ciò non significa essere “narcisisti pieni di sè”, ma al contrario, avere rispetto di sé stesso e degli altri, in quanto solitamente colui che si valorizza induce gli altri a fare lo stesso.

COS’è L’AUTOSTIMA?

“Quello che ti manca chiedilo in prestito a te stesso.”
(Catone Il Censore)

L’autostima dipende dalla valutazione di sé e dei propri risultati nelle differenti aree di vita che ritiene importanti ed è connessa al bisogno dell’uomo di sentirsi accettati ed apprezzati, pertanto è centrale la dimensione relazionale. Questo risulta ancora più rilevante in adolescenza dove i comportamenti, le opinioni e le aspettative dei compagni e degli amici influenzano l’immagine e l’opinione che il ragazzo ha di sé.
A complicare maggiormente il quadro già complesso ci si mettono i social network tanto potenzialmente utili, tanto contemporaneamente complessi e talvolta, se usati in maniera superficiale, deleteri.
Se in passato il confronto di un adolescente era tra il gruppo classe, i coscritti del proprio quartiere ed eventualmente i compagni di sport, ora il confronto si è allargato a potenzialmente “xy” possibili “giudici” che in quanto iscritti al social di turno, spesso si sentono in diritto di giudicare i coetanei. Sono sempre più diffusi comportamenti di “controllo” delle informazioni e scambi comunicativi/relazionali sui social network, che spesso minano la fiducia in sé stessi e negli altri.
Infatti, se da un lato i social permettono di condividere informazioni e descrizioni di sé, delle proprie relazioni sentimentali, delle esperienze fatte e che possono aiutare ad avere dei rimandi positivi e rinforzare l’autostima, dall’altro, sempre più comune è la tendenza all’ipercondivisione, anche di situazioni prettamente private, che ci espone anche a critiche feroci, che possono influenzare negativamente la stessa.
Come è evidente da quanto scritto sopra i genitori possono aiutare i loro figli a costruire una buona autostima, ma non si possono considerare gli unici responsabili, in quanto è un processo che si costruisce nel tempo e non solo all’interno della famiglia, ma anzi, nel confronto con la società, anche quella virtuale!
Non sono rari i giovani pazienti che lamentano scarsa autostima nonostante in famiglia si siano sempre sentiti apprezzati, rispettati e trattati con affetto.

COME SI FORMA L’AUTOSTIMA?

“Un giorno credi di essere giusto
E di essere un grande uomo
In un altro ti svegli e devi
Cominciare da zero”
(Edoardo Bennato)

La costruzione dell’autostima è qualcosa di estremamente complesso, che inizia fin dai primi anni di vita e ci accompagna per la vita stessa ed anche se il contesto, genitori, famiglia, compagni di scuola possono influenzarla si costruisce in prima persona.
Per quanto ci possiamo impegnare come genitori, non potremo mai donare autostima ai nostri figli, possiamo solo metterli nelle condizioni di far fruttare al meglio le proprie potenzialità, ma non possiamo costruire l’autostima al posto loro!

E’ importante che i genitori, siano comunque consapevoli dell’importanza del loro ruolo: le loro parole e i loro comportamenti possono condizionare profondamente il figlio, soprattutto i loro giudizi! Per un figlio, sapere che un genitore nutre fiducia in lui, in quello che fa, che lo accetta e crede nelle sue potenzialità, lo aiuta ad ad essere maggiormente sicuro di sé, anche se come abbiamo visto non è sufficiente.
Tutti, compresi i nostri figli, costruiamo l’autostima attraverso un processo circolare fra ciò che facciamo (azione), ciò che proviamo (sensazione) e ciò che pensiamo di noi stessi (opinione), dove ogni aspetto influenza ed è influenzato dagli altri due.
Se come genitori ed educatori teniamo in considerazione questo processo tracciamo già una strada maestra per aiutare i nostri figli a costruire un’autostima sana fin da quando sono molto piccoli. Infatti, primo passo è spronarli a fare, a sperimentarsi anche in situazioni nuove che li possono mettere un po’ in difficoltà e che gli permetterà di ricevere dei rimandi positivi che negativi, secondo passo è aiutarli a “digerire”, dare un nome alle sensazioni/ emozioni che possono provare, sia di gioia quando hanno successo, che di frustrazione quando falliscono nell’azione e normalizzarle, in quanto tutti le provano e tutti falliscono. Pertanto è importante sostenerli e spronarli a riprovare finché non si diventa competenti. Infine, se queste due prime fasi vengono vissute efficacemente l’opinione che il figlio creerà di sé sarà di una persona che alcune volte riesce, altre no, ma che comunque riesce a trovare le risorse per il proprio equilibrio.
Quando parliamo di costruzione di autostima possiamo riconoscere due aspetti fondamentali, uno legato al qui ed ora, cioè al rimando immediato della situazione, e un altro duraturo nel tempo legato all’idea che la persona negli anni si è fatta di sé e delle proprie qualità.
Ad esempio, se nostro figlio deve affrontare un saggio o una gara che gli fa paura è importante spronarlo a partecipare nonostante la paura, in quanto questa è un’emozione che aiuta a dare il meglio di sé, aiutandolo esprimendo la fiducia nelle sue capacità, senza però aspettarsi dei risultati eccelsi fin dalle prime esperienze, perché questo potrebbe spaventare maggiormente il figlio e portarlo ad un atteggiamento rinunciatario. In seguito è importante dare comunque dei rimandi positivi, ma veritieri, senza dirgli che è “un campione” quando non lo è!
Questo gli permetterà di creare una idea di sé positiva, che potrà essere costante nel tempo nonostante le frustrazioni ed i fallimenti che incontrerà nell’affrontare le sfide nella quotidianità, che contribuiranno a farlo crescere.

COME RICONOSCERE SE PER MIO FIGLIO è IMPORTANTE RINFORZARE L’AUTOSTIMA?

Chi perde denaro, perde molto; chi perde un amico, perde molto di più;
chi perde la fiducia in se stesso, perde tutto.
(Eleanor Anne Roosevelt)

Alcune volte alcuni genitori si allarmano per delle criticità che la vita impone ai loro figli, temendo che la loro autostima possa ledersi, ma come abbiamo visto, se affrontate adeguatamente possono aiutare la formazione stabile dell’autostima. Anzi, le difficoltà superate aiutano i nostri figli a diventare adulti sicuri delle proprie capacità, nonostante le difficoltà.
Ma come riconoscere se mio figlio sta costruendo una buona autostima?
Solitamente ragazzi che non hanno ancora raggiunto un’idea di sé positiva stabile possono presentare alcune caratteristiche comuni.
Tendono ad essere insicuri ed a dimostrarsi arrendevoli per la paura di fallire; si reputano inferiori agli altri e ritengono che gli altri non li rispettano abbastanza. Questo li porta a non esporsi, a non voler partecipare alle attività di gruppo che richiedono il confronto con gli altri e pertanto anche a cooperare con le altre persone.
Spesso dimostrano mancanza di impegno, tendono a delegare la loro responsabilità agli altri, alla sfortuna e al mondo. Quando cercano di eccellere raramente si affidano alle loro capacità, ma tendono a mentire per sentirsi comunque apprezzati. Possono arrivare a raggiungere un atteggiamento aggressivo per nascondere la loro frustrazione.

COSA FARE O NON FARE PER AIUTARE MIO FIGLIO CON LA SUA AUTOSTIMA?

Se non credi in te stesso, chi ci crederà?
(Kobe Bryant)

Come abbiamo visto se l’autostima non si può donare non dobbiamo però dimenticarci che il ruolo del genitore è sempre di primaria importanza nella crescita dei propri figli, pertanto ci sono delle azioni e dei comportamenti che i genitori possono mettere in atto o evitare per aiutare i figli a costruire una buona immagine di sé.
1) Spronarlo all’azione, incoraggiarlo ad affrontare situazioni nuove che può intraprendere in autonomia, prendendo decisioni delle quali è responsabile. Naturalmente è importante fargli percepire il supporto dei genitori, senza che però diventi una presenza eccessiva. Infatti, per l’autostima dei propri figli è deleterio quando i genitori si “sostituiscono” agli stessi o gli “spianano la strada”, perché il messaggio che mandano è duplice, da un lato “lo facciamo perché ti vogliamo bene” dall’altro, che arriva molto più in profondità “lo facciamo perché riteniamo che non puoi farcela da solo”. Se invece inizia ad affrontare situazioni nuove in autonomia può iniziare a sentire che può contare sulle proprie forze e può iniziare a sperimentare le proprie qualità.
2) Domandare piuttosto che giudicare. Naturalmente se sproniamo nostro figlio ad affrontare situazioni per lui nuove e potenzialmente difficili, queste potranno metterlo in difficoltà, creargli dei dubbi o indecisioni, oppure provare delle sensazioni nuove che fanno fatica a decifrare. In questi casi se i figli chiedono consigli o esprimono i loro dubbi è importante comunque prima chiedere a loro cosa stanno provando e cosa pensano prima di dare le nostre risposte, perché queste spesso riguardano noi e non il loro modo di reagire al mondo. Pertanto cerchiamo di spronarli a raccontarci la procedura del loro ragionamento, mostrando apprezzamento per l’impegno e fiducia nelle loro capacità. Ad esempio se un figlio chiede “tu cosa faresti al mio posto?” è importante non rispondere a domanda diretta, ma rigirare la domanda “nella tua situazione non so come reagirei, anche perché è complessa e tu hai delle qualità che io non possiedo. Tu come vorresti reagire?” In questo modo il messaggio che il genitore passa è che ha fiducia nelle qualità del figlio, non si sostituisce, ma lo può aiutare a rielaborare insieme i dubbi e scegliere con lui le sue risposte più adatte alla situazione.
3) Dare dei rimandi realistici. Esaltare le prestazioni dei figli più del dovuto può danneggiare l’autostima, perché crea aspettative troppo elevate, che i figli percepiscono di non riuscire a raggiungere, pertanto rischiano di utilizzare bugie o l’inganno per non deludere i genitori. Ricordiamoci che l’acqua per una pianta è vitale, ma se l’annaffiamo troppo la stessa pianta può marcire.
4) Non trattarlo come fosse ancora un bambino! Un adolescente o preadolescente sicuramente ha tutte le capacità per raggiungere determinate autonomie, che spesso per pigrizia o insicurezza delegano ai genitori, come ad esempio preparare lo zaino di scuola, piccole faccende domestiche, l’abbigliamento, ecc. Se i genitori continuano a supplire, il messaggio che mandano è “lo facciamo noi perché tu non sei capace” e questo messaggio, come è ben comprensibile, è negativo nella costruzione della stima di sé. Pertanto è importante affidargli delle piccole mansioni, che possono svolgere in autonomia e che li facciano sentire sempre più competenti. Ad esempio andare a comprare il quaderno per la scuola, fare una piccola spesa o chiedergli il favore di andare pagare la bolletta.
5) E’ importante che i genitori concordino poche regole, ma certe e che ci siano delle conseguenze se non vengono rispettate. Un adolescente senza regole è un adolescente che rischia di sentirsi perso e pertanto frustrato.
6) Dare l’esempio: L’adolescente impara da quello che le figure di riferimento fanno e non da quello che dicono. Se ad esempio un genitore è estremamente critico verso di sé ed il suo corpo, i figli impareranno che l’aspetto fisico è molto importante e cercheranno di emulare i genitori. Naturalmente a qualsiasi genitore capita di sbagliare, ad esempio dire della parolacce in determinate situazioni, quando invece ai figli non è permesso. In questi casi è importante dirlo ai figli che il comportamento che hanno messo in atto non è corretto, in modo che i figli non comprendano che le regole valgono solo per loro, ma che sono regole civili per vivere meglio nella società e con sé stessi.
7) Ognuno è differente – niente paragoni. Ogni ragazzo è unico, nelle sue caratteristiche, nei suoi interessi e nelle sue abilità. E’ importante non fare paragoni con fratelli/sorelle, amici o compagni di classe. Si ottiene il contrario del desiderato!
8) Trascorrere del tempo con i propri figli, facendo cose che possono piacere anche a loro, sport, passeggiate in montagna, ecc. Sembra banale, ma per far tutto quello decritto fin qui è necessario viversi, nel limite del possibile della quotidianità, i propri figli!

Marzia Targhettini

Marzia Targhettini

Sono Marzia Targhettini, psicologa e psicoterapeuta Breve Strategica. Ho scelto di fare la psicologa perché mi ha sempre interessato ascoltare le storie di vita delle persone che mi circondano. Dopo la laurea ho compreso che il lavoro che ho scelto è ancora più affascinante di quel che sembra e che attraverso il dialogo aiuta i pazienti a risolvere i problemi. Per formarmi al meglio, dopo un Master sui Disturbi Specifici di Apprendimento ho frequentato e concluso la scuola di Specializzazione di Psicoterapia Breve Strategica di Giorgio Nardone. Quello che mi appassiona di questo lavoro è vedere i “segni” positivi che la terapia ha sui pazienti, persone che chiedono il mio aiuto in momenti di difficoltà e che attraverso il percorso ritrovano il benessere psico-fisico.