Come evitare i pettegolezzi e vivere felici

da | 6 Novembre 2022 | Crescita Personale

“L’invidioso crea il pettegolezzo, il pettegolo lo diffonde e l’idiota ci crede”.
Proverbio

Questa massima apre uno spunto di riflessione straordinario sulla dinamica del pettegolezzo e di quelle malignità che, purtroppo quando vengono ricevute, feriscono.
Siamo in estate e questo periodo dell’anno si sposa bene per i gossip e pettegolezzi, che se per alcuni possono essere un passatempo per chi li subisce possono essere motivo di grande sofferenza.
Ovviamente con l’articolo di oggi, non ho la presunzione, né di insegnarvi il sistema infallibile per vivere meglio, schermandoci dalle male lingue e dalle dicerie sul nostro conto ma di offrire un’alternativa per impedire che queste arrivino alle nostre orecchie e producano dei danni.
Preciso immediatamente che ciò che riporto non è “farina del mio sacco” ma semmai del sacco ben più spazioso del filosofo Socrate.
Ad ogni modo è uno strumento che personalmente uso molto e che mi aiuta veramente a impedire che dicerie, malelingue o chiacchiere poco lusinghiere giungano alle mie orecchie lascindo segni o vadano in profondità.
Ben diverso è la critica aperta che una persona, davanti a te, ha l’onestà di muoverti, ma spesso le più grandi sofferenze derivano da voci che, per passaparola, arrivano a noi e ci feriscono.
Difatti, purtroppo, non sono le critiche che dobbiamo temere, ma i pettegolezzi perché nascono dall’invidia o dalla superficialità.
Come diceva Bruce Lee infatti “più sono vuote le teste, più sono lunghe le lingue”.
Bene, la tecnica dei tre setacci nasce proprio per evitare che tali voci o rumors abbiano l’effetto di destabilizzare inutilmente il nostro equilibrio, dando fiato ad inutili chiacchiere.

I TRE SETACCI DI SOCRATE

“La tua vita è priva di contenuti quando la sprechi ricamando quella degli altri di povere e insensate chiacchiere.”
Silvia Nelli

Il racconto dei tre setacci di Socrate è tutt’ora una grande lezione di vita, soprattutto per arginare le situazioni in cui predominano comunicazioni non dirette, ma fatte attraverso pettegolezzi e voci di corridoio.
Il problema delle chiacchiere, infatti è che non hanno padrone, e, di bocca in bocca mutano e si stravolgono e fanno diventare grandi le cose piccole e piccole le persone grandi.
Ad ogni modo veniamo a noi.
Si racconta che un giorno, uno dei discepoli di Socrate si presentò da lui in uno stato di grande agitazione perché aveva sentito da un conoscente che una persona che Socrate considerava amica, stava invece parlando male di lui.
Proprio mentre il discepolo stava per iniziare a riferire tutto, Socrate lo fermò e gli chiese, prima di confidare tutto, di rispondere a tre domande relative al messaggio che portava.
Solo se il messaggio avesse superato tutti e tre i setacci sarebbe stato meritevole e Socrate lo avrebbe ascoltato.
Le tre domande erano dei filtri o, appunto dei setacci.
Se il messaggio non li avesse superati tutti e tre, non avrebbe avuto senso comunicarlo.

SEI ASSOLUTAMENTE CERTO CHE QUELLO CHE STAI PER DIRMI CORRISPONDE A VERITA’?

“In tempi di menzogna universale, dire la verità è un atto rivoluzionario.”
George Orwell

La prima domanda che Socrate pose fu questa: “Sei assolutamente certo che quello che stai per dirmi corrisponde a verità?”.
Il discepolo ci rifletté un momento e si rese conto che non poteva avere la certezza di ciò che stava riportando, perché la fonte era a sua volta un passaparola e non poteva garantire che non avesse subito interpretazioni, modificazioni o altri effetti di vario genere”.
Già al primo setaccio ecco che la stragrande maggioranza di ciò che vorremmo dire incontra un cancello possente.
Infatti, molte informazioni che riportiamo sono di fonte incerta, riferita, vaga, decontestualizzata e ciò toglie potenza al messaggio.
Come possiamo dunque sapere che all’origine il contenuto del messaggio fosse effettivamente quello?
Avete mai giocato al telefono senza fili?
Bene!
Quanto si stravolge la frase che passa di bocca in bocca?
E Socrate aggiunse “quindi mi stai riportando una notizia che non sai se è effettivamente vera”.
Messa in questi termini, il discepolo ammise.
Piccola riflessione personale.
Quante volte iniziamo una frase con “ho sentito che” o “tizio mi ha detto che Caio pensa questo di te”?

CIO CHE VUOI DIRMI E’ POSITIVO OPPURE NO?

“Nessuno è inutile in questo mondo se alleggerisce il fardello a qualcun altro”.
Charles Dickens

A questo punto Socrate pose la seconda domanda “Ciò che vuoi dirmi è positivo oppure no?”.
Anche in questo caso il discepolo dovette riconoscere che ciò che recava non era un’informazione positiva, anzi, doveva riportargli parole che, a suo giudizio, avrebbero causato malessere e dolore al suo maestro.
Ancora una volta Socrate aggiunse parafrasando “quindi se ho capito bene vuoi riportarmi una notizia che mi farà male e sulla quale non puoi dirti sicuro che corrisponda a verità. Ho capito bene?”
Di nuovo il discepolo riconobbe che non solo avrebbe riferito una informazione incerta, ma che il destinatario avrebbe potuto soffrire per qualcosa di totalmente inesistente, frainteso o inesatto.
Seconda nota personale.
Quante volte rischiamo di far star male una persona riferendole delle notizie che non abbiamo nemmeno verificato o delle quali potremmo averne frainteso il senso?
Non solo, ma quante volte noi stiamo male per aver ascoltato delle dicerie negative che magari nemmeno sono realmente dette?
Questo aspetto è molto potente perché va da se che, se è un pettegolezzo, sarà sicuramente cattivo, perché, come diceva Russel “nessuno spettegola sulle virtù”.

QUELLO CHE MI STAI PER DIRE SUL MIO AMICO MI SARA’ UTILE IN QUALCHE MODO?

“Beato chi non si aspetta nulla, perché non resterà mai deluso.”
Alexander Pope

A questo punto Socrate pose la terza domanda: “Quello che mi stai per dire sul mio amico mi sarà utile in qualche modo?”.
Anche in questo caso il discepolo dovette riconoscere l’inutilità della comunicazione, perché, come spesso accade, una chiacchiera, a differenza di un consiglio, di una osservazione, di un approccio diretto, non permette contradditorio, non offre la possibilità di chiedere all’interlocutore approfondimenti, chiarimenti, consigli.
Semplicemente provoca una ferita fine a se stessa.
Ecco che nuovamente la domanda apre una terza piccola illuminazione nel giovane discepolo.
Non solo avrebbe ferito il maestro, ma avrebbe potuto generare una rottura della relazione partendo da un contenuto non dimostrato.
Altra riflessione.
Quante volte costruiamo letteralmente dei film dentro di noi partendo da una diceria che non abbiamo verificato?

RIEPILOGANDO

“Non parlatemi male degli altri. Che cambio idea su di voi, non su di loro”.
Alfredo Colella

A questo punto ecco la degna conclusione del breve dialogo socratico.
Socrate concluse così “Quindi, se quello che mi vuoi dire non è certo, né positivo né utile, perché dovrei volerlo ascoltare?”.
Verità, bontà e utilità sono i tre setacci di Socrate.
Ciascuno di noi, prima di ascoltare o di dire qualcosa di ascoltato per vie traverse dovrebbe chiedersi: “sono sicuro della veridicità di quanto sto per raccontare?” “quello che sto per dire è un’informazione positiva? Ed infine “l’informazione sarà di qualche utilità all’ascoltatore?”
Ovviamente non è la ricetta per la felicità, ma spesso un buon modo per filtrare certe parole che possono fuorviare o ferire inutilmente.
A questo punto può nascere spontanea una domanda.
“Ma io non voglio non sentire le dicerie sul mio conto, io voglio che non ne facciano proprio. Come si fa?”
Purtroppo non è possibile.
Ma allora non posso proprio tacerle?”
No, semplicemente non puoi, ma più ti affanni a cercare di smentirle, più darai importanza e attirerai attenzione impedendo che le stesse chiacchiere passino di moda scalzate dal nuovo gossip.
Ti lascio però con un prezioso consiglio, l’antidoto di Platone, per rimanere in tema filosofico socratico.
Platone diceva. “se la gente parla male di te, vivi in modo tale che nessuno possa crederle”.

Marzia Targhettini

Marzia Targhettini

Sono Marzia Targhettini, psicologa e psicoterapeuta Breve Strategica. Ho scelto di fare la psicologa perché mi ha sempre interessato ascoltare le storie di vita delle persone che mi circondano. Dopo la laurea ho compreso che il lavoro che ho scelto è ancora più affascinante di quel che sembra e che attraverso il dialogo aiuta i pazienti a risolvere i problemi. Per formarmi al meglio, dopo un Master sui Disturbi Specifici di Apprendimento ho frequentato e concluso la scuola di Specializzazione di Psicoterapia Breve Strategica di Giorgio Nardone. Quello che mi appassiona di questo lavoro è vedere i “segni” positivi che la terapia ha sui pazienti, persone che chiedono il mio aiuto in momenti di difficoltà e che attraverso il percorso ritrovano il benessere psico-fisico.