Il mio Problema? Non ho Autostima!

da | 10 Ottobre 2021 | Crescita Personale

Una frase che i miei pazienti dicono spesso quando sono in terapia e iniziamo a definire il problema è proprio questa “il mio grosso problema è che non ho autostima e se ci penso non ce l’ho mai avuta… anzi… non so proprio come si fa ad avere!”.

E’ molto interessante come nell’immaginario comune l’autostima sia un qualcosa che si possiede, alla stregua di un bel vestito, una bella macchina o un bel bracciale; pertanto se una persona non ha ereditato l’autostima alla nascita, non gliela donano o non la può comprare rimane fregata…

Naturalmente parte della responsabilità di questa idea disfunzionale dell’autostima è nostra, dei professionisti della salute che per anni hanno pronunciato frasi del tipo “Suo figlio è molto intelligente, peccato che non abbia autostima”, oppure “Lei si fa trattare così dagli altri perché le manca l’autostima e l’amor proprio” e ancora semplicemente “lei non ha autostima”; dando l’illusione che l’assenza di autostima sia alla base delle problematiche e non una conseguenza della modalità di relazionarsi al mondo.

Questa idea “passiva” dell’autostima naturalmente porta i pazienti a reagirvi diversamente, c’è chi risponde in maniera arrendevole e vive l’assenza della stessa come una condanna che lo accompagnerà per tutta la vita e chi cerca di reagire, preso atto che non ha autostima cerca di comprendere come “averla”.

Giustamente la domanda che nasce naturale “Come si fa?”.

E’ importante però comprendere cos’è e sfatare un po’ i “falsi miti” di questa parola così abusata…

Il dizionario Treccani riporta questa definizione Considerazione che un individuo ha di sé stesso. L’autovalutazione che è alla base dell’autostima può manifestarsi come sopravvalutazione o come sottovalutazione a seconda della considerazione che ciascuno può avere di sé, rispetto agli altri o alla situazione in cui si trova…”.

Molto semplice, lo dice la parola stessa auto-stima, quanto mi stimo, la percezione che ho di me stesso; ma è poi così semplice?

Nella mia esperienza professionale e personale ho conosciuto persone con delle vite straordinarie, che hanno fatto azioni degne di nota eppure non si considerano mai all’altezza della situazione ed al contrario persone con una buona autostima, che vivono una vita semplice che li soddisfa, pur non facendo nulla di “straordinario”.

Pertanto quello che complica il tutto è che siamo noi a valutare noi stessi!

Quando si parla di valutazioni in ambito formativo, solitamente per essere il più corretti possibile si scelgono dei criteri che siano condivisibili, es. non fare errori di ortografia, ed una scala di valutazione prefissata.

Pertanto se devo valutare come ho svolto un compito, ed esempio cucinare la “torta della nonna” potrò utilizzare come criteri sapore, consistenza, cottura e come come scala di valutazione, immangiabile, discreta, buona e squisita.

Quando valutiamo noi stessi, e non ciò che facciamo, questi criteri “saltano” ed entriamo nel terreno impervio della soggettività e della percezione che abbiamo di noi in rapporto al mondo.

Infatti, quando si parla di tutto ciò che riguarda l’essere umano è doveroso tenere presente che non esistono le “cose in sè”, oggettive, semplici, uguali per tutti, ma ogni aspetto che riguarda l’uomo in rapporto alla propria realtà non è diretto, ma mediato dalle nostre percezioni, dagli aspetti cognitivi ed emotivi di ognuno di noi.

Quante volte ci è capitato di affrontare la stessa esperienza di un nostro amico e viverla in maniera completamente differente?

E’ come se ognuno di noi avesse una speciale lente che gli facesse vivere in maniera squisitamente personale ogni attimo della propria vita e questa lente lo aiuti a dare significato al mondo, un significato unico ed irripetibile.

Spesso siamo convinti che la realtà è una e condivisa da tutti, ma quando si parla di realtà le sfumature di colori sono talmente vaste che non possono rientrare in una tavolozza.

Per far capire meglio questo concetto, che è molto importante per avere una chiave di lettura differente dell’autostima, vi racconto un “gioco” che utilizzo quando faccio formazione.

Spesso i discenti sono convinti che osservando tutti lo stesso oggetto lo percepiscano in maniera uguale e danno per scontato che la loro descrizione sia quella corretta e condivisa da tutti.

Quindi chiedo ad ognuno di loro di descrivere su un foglio l’aula in cui si trovano ed in seguito, di condividere con gli altri quanto scritto.

In tanti anni non mi è mai accaduto di ascoltare due descrizioni uguali o anche semplicemente molto simili, perché ogni descrizione è il frutto della percezione assolutamente unica che ogni individuo fa dell’esperienza che sta vivendo, compreso le emozioni che prova in quel preciso istante, dall’esperienza che ogni singolo individuo ha sperimentato in tutta la sua vita fino a quel momento.

Comprendete che quando percepiamo e descriviamo la realtà sia impossibile essere oggettivi è fondamentale, anche quando si tratta di descrivere un semplice oggetto che in quel momento è condiviso da tutti… immaginate quanto sia difficile quando dobbiamo dare una valutazione di noi stessi, di cosa facciamo e di come reagiamo alla realtà!

Ora che abbiamo modellato un terreno comune sul quale poggiarci per approcciarci al concetto di autostima proseguiamo sfatando un po’ di miti …

Con l’autostima si nasce!

Come accennato prima, uno dei falsi miti più diffusi e che i pazienti riportano spesso in terapia è che l’autostima sia un fattore ereditario, come gli occhi azzurri ed i capelli castani.

Non ho mai avuto autostima, quando ero piccolo vedevo i miei amici che erano bravi in tutto, io non ci provavo nemmeno, tanto non ero come loro… Se solo avessi avuto un po’ più di autostima!”; un paziente un giorno parafrasando un dire popolare mi disse una frase che rende alla perfezione questo falso mito “quando distribuivano l’autostima, ero in fila per la toilette!”.

Il primo passo per poter iniziare anche solo ad immaginarsi una persona con una discreta autostima è scardinare quest’idea, che intrappola la persona nell’impossibilità di essere di diverso ciò che è!

L’autostima infatti, è conseguente all’auto-efficacia, cioè al percepirsi efficaci nell’affrontare tutte le avversità ed i piccoli e grandi ostacoli che la vita ci propone.

Il che non vuol dire non sbagliare mai, o fare tutto bene, ma continuare a provare, giorno, dopo giorno fin che non ci riteniamo soddisfatti dei risultati ottenuti.

Il miglior modo per non aver cura della nostra stima di noi è non provarci, sicuramente non sbagliamo, ma è il solo modo per essere certi di fallire!

Posso accettare la sconfitta, ma non posso accettare di rinunciare a provarci” (Michael Jordan).

Primo passo per avere autostima: inizia a sperimentarti!

Dottoressa deve darmi autostima!”

Quando sento questa frase spesso sorrido e ironizzo un po’, cerco in borsetta qualche rimasuglio di polvere magica, come quella di Peter Pan, che invece di far volare dona maggiore stima di sé!

Va da sé che se l’autostima non si può regalare, ma è un processo squisitamente personale!

Diffidate da chi vi vende autostima!!!

I formatori, i terapeuti possono solo mostrarvi la via ed accompagnarvi nel percorso, non possono fare il percorso al posto vostro!

Sarebbe come pretendere di fare una bella passeggiata in un percorso mozzafiato di montagna stando seduti sul divano di casa nostra… e non c’è visore tridimensionale che tenga!

Stesso processo lo ritrovo spesso nei genitori che vorrebbero che i propri figli fossero più sicuri e maggiormente sereni, solitamente esordiscono con frasi tipo “io faccio di tutto per dargli un po’ di autostima, lo riempo di complimenti, ma lui non mi crede!”. Solitamente sono genitori che proteggono i figli dai possibili fallimenti della vita, dai più piccoli, come ad esempio i voti a scuola contestando gli insegnanti che non capiscono abbastanza i loro figli, a quelli più grandi “ormai è grande, ma non sta cercando lavoro perché ha paura, fin che riesco ancora a mantenerla le do la possibilità di cercare quello che vuole dalla vita! Che vuole sono la mamma!”.

Capite che neppure il può bravo e volenteroso genitore può donare autostima, l’unica cosa che può fare è accompagnare fin da piccoli i propri figli ad affrontare l’avversità che la vita gli propone, presente al suo fianco, ma senza sostituirsi… un antico proverbio cinese recitava “dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno. Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita”.

Porto addosso le ferite di tutte le battaglie che ho evitato” (Fernando Pessoa).

Secondo passo per avere autostima: solo tu puoi percorrere la strada!

E’ colpa dei miei genitori e del mio passato”

Un altro evergreen che solitamente i terapeuti sentono e talvolta alimentano è “io sono così perché in passato mio padre/madre continuava a disprezzare quello che facevo, non andava mai bene niente e gli altri erano sempre più bravi di me ai suoi occhi! Mai una parola di incoraggiamento o di conforto!”.

Per quanto possa essere doloroso questo atteggiamento dei genitori e per quanto possano influenzare i nostri atteggiamenti, pensieri ed emozioni quando si arriva all’età adulta è importante emanciparsi e comprendere che il passato non si può modificare, l’unica cosa che possiamo fare è cambiare il presente per costruirci un futuro migliore. A questo proposito non è mai troppo tardi per iniziare a voler essere migliori!

Il passato non è da rinnegare o dimenticare, ma è importante farne tesoro e non viverlo come un macigno al quale siamo legati, che se ci va bene ci mantiene fermi, se va male ci porta a fondo.

Un altro aspetto da tenere in considerazione è che alcuni smettono di avere fiducia nelle proprie capacità tutto dun tratto, a seguito di un evento che vivono come traumatico, come ad esempio una crisi lavorativa, dopo aver dedicato la propria vita al lavoro.

La vita è per il 10% cosa ti accade e per il 90% come reagisci” (Charles R. Swindoll)

Terzo passo per una buona autostima: non è mai troppo tardi per iniziare o ri-iniziare a stimarsi!

Se è difficile non è la strada giusta!”

Un altro aspetto con il quale ci scontriamo nella “costruzione” della nostra autostima è l’idea che se si fa fatica, allora non è la strada giusta e non vale la pena provarci.

Alcuni pazienti dopo pochi giorni che provano a comportarsi in maniera differente per favorire la stima di sé esordiscono gli incontri con “io ci ho provato, ma non ha funzionato!”, quando indago in cosa intende con questa affermazione scopro che solitamente hanno sperimentato poco o nulla, arrendendosi subito e tornando sui vecchi passi alle prime criticità.

Naturalmente quando si inizia a sperimentarsi competenti è importante scegliere bene le prove con le quali “allenarsi”, se ci mettiamo alla prova con situazioni troppo difficili il rischio è di arrendersi ancora prima di iniziare. E’ importante iniziare con ostacoli “piccoli”, per alzare via via il livello di difficoltà. Ad esempio sarebbe folle per una persona che non fa sport mettersi alla prova partendo correndo una maratona! Completamente diverso sarebbe porsi come obiettivo finale partecipare la maratona, ma iniziare giorno, dopo giorno ad allenarsi incrementando gradatamente la difficoltà!

Che tu creda di farcela o meno, avrai comunque ragione”. (Henry Ford).

Quarto passo per una buona autostima: porsi obiettivi concreti e realizzabili!

Quanto scritto non può essere esaustivo di un argomento talmente complesso, ma può essere utile per muovere i primi passi verso la stima di sé.

Naturalmente i primi passi, come quando da piccoli si inizia a camminare, potranno essere incerti, ma ricordiamoci che come ci insegnano i bambini l’importante non è non cadere, ma rialzarsi una volta caduti.

Vorrei concludere con le parole di un campione, una leggenda del basket con indiscusso talento…

“Avrò segnato undici volte canestri vincenti sulla sirena, e altre diciassette volte a meno di dieci secondi dalla fine, ma nella mia carriera ho sbagliato più di novemila tiri. Ho perso quasi trecento partite. Per trentasei volte i miei compagni si sono affidati a me per il tiro decisivo…e l’ho sbagliato. Ho fallito tante e tante e tante volte nella mia vita. Ed è per questo che alla fine ho vinto tutto”. (Michael Jordan)

Marzia Targhettini

Marzia Targhettini

Sono Marzia Targhettini, psicologa e psicoterapeuta Breve Strategica. Ho scelto di fare la psicologa perché mi ha sempre interessato ascoltare le storie di vita delle persone che mi circondano. Dopo la laurea ho compreso che il lavoro che ho scelto è ancora più affascinante di quel che sembra e che attraverso il dialogo aiuta i pazienti a risolvere i problemi. Per formarmi al meglio, dopo un Master sui Disturbi Specifici di Apprendimento ho frequentato e concluso la scuola di Specializzazione di Psicoterapia Breve Strategica di Giorgio Nardone. Quello che mi appassiona di questo lavoro è vedere i “segni” positivi che la terapia ha sui pazienti, persone che chiedono il mio aiuto in momenti di difficoltà e che attraverso il percorso ritrovano il benessere psico-fisico.