TERAPIA BREVE STRATEGICA … PERCHE’ SCEGLIERLA

da | 17 Dicembre 2022 | Ansia, Crescita Personale, Depressione, Disturbi Alimentari, Fobie, Infanzia e Adolescenza, Ossessioni Compulsioni, Panico

“Il più grande spreco nel mondo è la differenza tra ciò che siamo e ciò che potremmo diventare”.
(Ben Herbster)

La psicologia mi ha sempre affascinato, aiutare le persone a ritrovare una qualità di vita che li appaghi è per me molto importante, è stata importante personalmente in passato, perché quelle poche parole al momento giusto, dette dalla professionista giusta hanno influito positivamente sul resto del mio cammino…ancora oggi quando la vita mi mette alla prova ripenso a quei colloqui, ritrovando la fiducia e la voglia/forza di affrontare le situazioni, anche quelle da me più temute.
Questo per dire che anche i professionisti della salute mentale hanno “alti e bassi” e la loro vita non è in discesa perché teoricamente ci sono studi che indicano la strada, perché una cosa è sapere e un’altra è mettere in pratica la teoria, affrontando le proprie emozioni e le situazioni che la vita ci propone.
Pertanto sono consapevole che quando bisogna scegliere il professionista della saluta mentale al quale affidarsi è sempre difficile destreggiarsi tra le numerose proposte, perché ci sono tantissime variabili da tenere in considerazione.
Dalla pandemia il diritto al benessere psicologico è diventato sempre più evidente, evidenziando un aumento della richiesta, ma conseguentemente si è notato anche un aumento dell’offerta.
La psicologia come detto precedentemente è per me estremamente affascinante perché offre tantissimi “approcci” differenti nell’affrontare i problemi e non nascondo che talvolta sono anche in contrasto tra loro. Pertanto comprendo che scegliere un terapeuta sistemico, piuttosto che junghiano o strategico non è la stessa cosa e può portare tanta confusione.
La prima domanda che mi viene naturale è: c’è un approccio migliore di un altro?
Direi proprio di no, ci sono approcci più funzionali ed efficaci con determinate tipologie di problematiche, ma non per questo si può affermare che l’approccio nel suo complesso sia migliore.
Pertanto ritengo che per ogni persona che sta affrontando un determinato problema in quello specifico momento della propria vita c’è l’approccio più adatto a lui.
Inoltre l’approccio non è tutto, perché anche la relazione terapeutica professionista/paziente fa la differenza nella terapia.
Pertanto vorrei farvi conoscere l’approccio nel quale mi sono specializzata e che utilizzo quotidianamente nella mia pratica clinica, la terapia breve strategica di Giorgio Nardone.

PERCHE’ e QUANDO chiedere aiuto a uno psicoterapeuta?

“Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare.”
(Sir Winston Churchill)

Chiunque nella vita può affrontare delle situazioni e dei periodi particolarmente difficili da gestire che possono minare l’equilibrio ed il benessere psicofisico e relazionale. Quando si incontrano questi periodi e dobbiamo affrontare delle criticità che si faticano a superare in autonomia è importante chiedere aiuto allo psicologo.
Le problematiche da affrontare possono riguardare differenti ambiti, situazioni stressanti al lavoro, conflitti o incomprensioni nella sfera famigliare, difficoltà a prendere decisioni, ecc.
E’ importante chiedere aiuto ad un professionista della salute mentale, perché questi disequilibri, se non affrontati in tempi brevi ed in maniera efficace potrebbero trasformarsi in vere e proprie problematiche o patologie che possono inficiare la qualità di vita.
Lo psicologo può aiutarti a ritornare “padrone” della tua vita e non complice del tuo problema. Infatti è il professionista grazie al quale puoi smettere di sopravvivere per ri-iniziare a “vivere”.
Non è necessario soffrire di disturbi invalidanti per chiede aiuto, anzi se ci accorgiamo che quello che abbiamo fatto per risolvere il problema che stiamo affrontando non funziona, allora è il momento di chiedere aiuto per evitare di essere sopraffatti dal problema e dalle nostre azioni.

Perchè scegliere la terapia breve strategica e cosa aspettarsi

“Il compito più difficile nella vita è quello di cambiare se stessi.”

(Nelson Mandela)

Come detto precedentemente ci sono innumerevoli approcci psicoterapeutici che possono essere più o meno funzionali a seconda del problema, della soggettività del terapeuta, del paziente e quando uno psicologo sceglie di specializzarsi in un approccio, questo dice molto del terapeuta stesso.
Ho scelto di studiare e lavorare con questo metodo perché è pratico, finalizzato all’obiettivo, rigoroso, ma non rigido, infatti quello che guida la terapia sono i cambiamenti che la persona riesce a mettere in atto per migliorare la propria vita.
La Terapia Breve Strategica si basa su protocolli di intervento per le differenti tipologie di problemi e questi vengono creati o modificati anche per problematiche emergenti nella nostra società sempre in evoluzione, per questo motivo è rigorosa, ma non rigida.
Per ogni protocollo di intervento esistono specifici strumenti , esercizi ed indicazioni che il terapeuta utilizza e che la persona deve seguire scrupolosamente se vuole far fruttare al meglio la terapia.
1) Risultati entro le 10 Sedute: E’ un intervento breve e focalizzato alla risoluzione del problema, anche se non è possibile definire a priori il numero di incontri necessari, si stabiliscono un massimo di 10 incontri per valutare se ci sono i cambiamenti positivi o la risoluzione del problema. La maggior parte dei miglioramenti avvengono già nel corso delle prime quattro o cinque sedute. Le dieci sedute non sono una “trovata pubblicitaria”, ma la normalità nella pratica clinica.
Infatti questo metodo si concentra sulla risoluzione del problema creando dei cambiamenti profondi nella persona, aiutando i pazienti a tornare attivi nella gestione della loro vita, per uscire dai problemi ed evitare di ricaderci.
2) Si cercano le soluzioni: La terapia Breve Strategica lavora focalizzata al presente e su ciò che mantiene il problema. Il focus di intervento è focalizzato su come si è creato e come si mantiene il problema, cioè su come “funziona” il problema, applicando le strategie ed i protocolli più adatti per aiutare i pazienti a ritrovare l’equilibrio psicofisico. Questo non vuol dire prendere in considerazione il passato o altri contesti di vita dove il problema non si presenta. Infatti il problema affrontato nella complessità e se per risolvere il problema è necessario affrontare il passato ci sono strumenti specifici per aiutare il paziente a farlo per migliorare il presente.
3) Non è magia ma strategia: Anche se la terapia nella maggioranza delle volte porta a dei cambiamenti che appaiono quasi “magici” in realtà non vi è nulla di lasciato al caso e compito dello psicologo non è solo aiutare i pazienti ad uscire dal problema, ma anche aiutare il paziente a trovare le risorse per diventare autonomo e far si che i sintomi non si ripresentino.
4) Sempre attuale: Per la Terapia Breve Strategica la ricerca è parte integrante della pratica ed è fondamentale per garantire l’adattabilità della terapia ai cambiamenti dei problemi e della società sempre in evoluzione. Pertanto, per tale approccio la ricerca in psicoterapia è di fondamentale importanza che sia condotta nella pratica quotidiana e che ricorra solamente a trattamenti attivi, utilizzando strumenti di valutazione che alterino il meno possibile il contesto naturale della terapia.
5) Frequenza: Gli incontri, almeno inizialmente avvengono ogni 15 giorni per dare tempo alla persona di mettere in atto le prescrizioni e le indicazione fornite dal terapeuta. Questo tempo è funzionale alla persona per iniziare a sperimentare i cambiamenti positivi ed al terapeuta per valutare l’efficacia della prescrizione.

Il metodo

“Costruire teorie prima di aver raccolto i fatti è un errore madornale: conduce ad adattare i fatti alle teorie, invece che adattare le teorie ai fatti.”
(Sir Arthur Conan Doyle)

1. Definizione del problema: In questa prima fase, che solitamente coincide con la prima seduta, si indaga il problema e le tentate soluzioni disfunzionali che lo mantengono. Pertanto fin dal principio la terapia è operativa, non si svolgono colloqui conoscitivi, ma si entra immediatamente “nel vivo” del lavoro.
In questa prima fase di “definizione del problema”, si analizza con il paziente il problema che lo porta a chiedere aiuto, si cerca di comprendere quali sono le azioni ed i passi che la persona giorno dopo giorno ha effettuato per entrare nel problema e come ha cercato di risolverlo.
E’ importante evidenziare che ogni problema che il paziente riporta è concepito come un disequilibrio non funzionale alla vita della persona e non come una “malattia/patologia” da guarire.
Pertanto si analizzano le “tentate soluzioni disfunzionali” cioè cosa è stato fatto dalla persona fino a quel momento per risolvere il problema e che non ha funzionato. E’ molto importante questo passaggio perché i comportamenti che mettiamo in atto per risolvere i nostri problemi, se non funzionano in tempi brevi, a lungo andare mantengono o addirittura peggiorano il nostro problema. Cerco di farvi un esempio pratico, immaginiamo che stiamo disegnando con i pennarelli e ci accorgiamo di aver fatto un errore e per cercare di rimediare utilizziamo un pennarello di un colore più scuro per coprire l’errore, l’espediente funziona e siamo soddisfatti, poi però ci accorgiamo che nemmeno così va bene e sullo stesso punto riutilizziamo un colore anche più scuro e via dicendo. A lungo andare il tentativo che ha inizialmente funzionato se perpetuato senza ottenere i risultati desiderati produce un bel buco sul foglio! Pertanto non solo non copre l’errore iniziale, ma produce un effetto indesiderato peggiore! Anche nelle problematiche di tipo psicologico spesso accade questo processo, pertanto è molto importante individuare quelle azioni che compiamo per cercare di risolvere il problema, che se non lo risolvono lo mantengono ed addirittura lo peggiorano. Ad esempio, quante volte è capitato di evitare delle situazioni potenzialmente paurose con l’obiettivo di rimanere tranquilli e non provare agitazione, ma a lungo andare questo evitamento ci rimanda non solo che non riusciamo ad affrontare quella paura, ma ci fa perdere anche fiducia in noi stessi con conseguenze negative in vari ambiti della vita.
Una volta, analizzato il problema si costruiscono insieme al paziente gli obiettivi da seguire nel percorso terapeutico. Il terapeuta strategico sa che come asserisce Seneca “Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare”.
Una volta analizzato il problema e definito l’obiettivo il terapeuta prosegue adottando nella relazione terapeutica delle strategie standardizzate dal Centro di Terapia Strategica e delle manovre terapeutiche ritagliate ad hoc sulla persona.
Il paziente metterà in atto queste indicazioni/prescrizioni tra un incontro e quello successivo ed hanno la finalità interrompere le tentate soluzioni disfunzionali.
Queste indicazioni aiutano il paziente a percepire il mondo in maniera differente, portando a dei cambiamenti che iniziano a manifestarsi in tempi rapidi ed hanno duplice finalità: al terapeuta indica che le manovre terapeutiche sono funzionali alla risoluzione del problema ed al paziente che le azioni differenti che sta mettendo in atto lo aiutano a percepirsi in maniera più equilibrata all’interno del suo contesto di vita.
All’interno del modello, l’attenzione non si rivolge solo all’oggetto del problema, o alla persona portatrice dello stesso, ma alla relazione che si è venuta a stabilire tra terapeuta e paziente, in quanto può influenzare positivamente o meno la buona riuscita della terapia. Pertanto, l’approccio strategico non è una semplice teoria psicoterapeutica, ma il pensiero su “come” gli esseri umani si rapportano al loro contesto.
2. Sblocco del problema: Si parla di sblocco del problema quando la persona inizia a reagire in maniera differente al proprio contesto ed al problema stesso, vivendo i primi cambiamenti funzionali. Tali cambiamenti possono essere piccoli e progressivi, oppure esponenziali e veloci, dipende dalla tipologia di problema e dalla partecipazione alla terapia. Una volta sbloccato il problema però non si può considerare conclusa la terapia, in quanto è probabile che il paziente dopo poco o di fronte a problematiche simili rimetta in atto quegli atteggiamenti che lo hanno portato nel problema. Infatti un esperto di un settore non lo si definisce tale perché riesce a risolvere un problema nello stesso, ma perché nonostante si presentino problemi uguali o simili riesce a trovare soluzioni funzionali ed affrontarli. Così anche per la terapia non la si può considerare finita senza una fase in cui il paziente impara ad utilizzare le strategie funzionali in maniera autonoma.
3. Consolidamento dei cambiamenti ottenuti: Questa fase si può considerare un apprendimento affinché la nuova percezione e reazione al problema duri nel tempo. Infatti, si accompagna il paziente verso una piena autonomia. In questa fase le sedute possono avere un intervallo anche maggiore di quindici giorni, perché non solo è importante che il paziente viva il cambiamento, ma che questo cambiamento positivo e funzionale diventi la sua nuova routine e per far questo è necessario sperimentarsi quotidianamente.
4. Riepilogo: Spiegazione di tutte le manovre utilizzate e conclusione della terapia. L’obiettivo principale della terapia è quello di aiutare il paziente a risolvere il suo problema e ad acquisire attraverso questa esperienza nuovi strumenti e le capacità di affrontare adeguatamente ed autonomamente i nuovi ostacoli della vita nei quali può incorrere.

Per chi è più funzionale la terapia breve strategica?

“Le persone efficaci non sono orientate ai problemi; sono orientate alle opportunità. Esse nutrono le opportunità ed affamano i problemi.”
(Stephen R. Covey)

Mi piace pensare e credo che per ogni persona c’è la terapia più funzionale, come un abito può essere bellissimo e risaltare benissimo la fisionomia della mia migliore amica, ma lo stesso abito per me può non essere adatto.
Pertanto di seguito riporto solo alcune situazioni in cui la Terapia Breve Strategica ottiene dei risultati estremamente soddisfacenti.
Alcune situazioni di “impasse” nelle quali le persone si possono trovare nella vita e per le quali la Terapia Breve Strategica risulta efficace ed efficiente sono:
• difficoltà relazionali con i colleghi, con i capi, con i compagni di classe, con i coetanei;
• ritiro sociale
• ansia
• difficoltà a gestire rabbia, la paura, il dolore, ecc
• problemi di coppia
• bassa autostima
• rapporto genitori/figli
• ansia da prestazione
• depressione
• problemi sessuali
• blocchi della performance in ambito scolastico, sportivo, musicale e professionale

Risultati di efficacia dei protocolli di trattamento dei disturbi individuati dal Centro di Terapia Strategica di Arezzo:
• Disturbi fobici e ansiosi (95% dei casi)
• Disturbi ossessivi e ossessivo-compulsivi (89% dei casi)
• Disordini alimentari (83% dei casi)
• Disfunzioni sessuali (91% dei casi)
• Disturbi dell’umore (82% dei casi)
• Disturbi dell’infanzia e dell’adolescenza (82% dei casi)
• Disturbi legati alla dipendenza da internet (80% dei casi)
• Presunte psicosi, disturbo borderline e di personalità (77% dei casi)

Inoltre, il metodo di Terapia Breve Strategica può essere considerato efficace, in generale dai risultati si evidenzia che gli esiti positivi dell’applicazione del modello raggiunga la risoluzione del problema specifico nell’ 88% dei casi trattati.
Ma è anche efficiente? Va da sé che parlando di dieci sedute il terapeuta strategico deve tenere in considerazione anche il rapporto benefici/tempo, infatti questo metodo riporta alla soluzione dei problemi in tempi ragionevolmente brevi, parliamo di mesi, non anni, pertanto si può considerare efficiente.
Il paziente si può aspettare questo da differenti terapeuti strategici? Si, in quanto di fronte ad una stessa classe di problemi i terapeuti strategici possono utilizzare i protocolli standardizzati e le stesse tecniche per ottenere i risultati. Naturalmente la differenza nella relazione terapeutica la fa il terapeuta, ma gli strumenti a disposizione dei terapeuti sono gli stessi.
Talvolta a questo approccio viene criticato che utilizzando dei protocolli risulti rigida e a-personale, in realtà le tecniche di intervento adottate dal terapeuta non sono utilizzate a priori, ma devono essere adattate al paziente, alle tentate soluzioni ed al problema, non viceversa. Infatti, viene utilizzata una logica costruttivo-deduttiva, dove è la soluzione che si adatta al problema, in quanto ogni manovra terapeutica è predittiva, ciò si aspetta delle conseguenze che indicano se la tecnica utilizzata è funzionale per il paziente ed il suo problema.
Infine ma non ultimo l’autocorrezione è intrinseca al modello ed è la caratteristica principale che permette alla terapia breve strategica di adattarsi alle diverse tipologie di problemi in continua evoluzione nella società. Ciò significa che l’efficacia non viene misurata solo fra l’inizio e la conclusione della terapia, ma gradualmente valutata per ciascuna mossa e manovra, in modo che il modello d’intervento si autocorregga costantemente nel corso della sua applicazione.

Marzia Targhettini

Marzia Targhettini

Sono Marzia Targhettini, psicologa e psicoterapeuta Breve Strategica. Ho scelto di fare la psicologa perché mi ha sempre interessato ascoltare le storie di vita delle persone che mi circondano. Dopo la laurea ho compreso che il lavoro che ho scelto è ancora più affascinante di quel che sembra e che attraverso il dialogo aiuta i pazienti a risolvere i problemi. Per formarmi al meglio, dopo un Master sui Disturbi Specifici di Apprendimento ho frequentato e concluso la scuola di Specializzazione di Psicoterapia Breve Strategica di Giorgio Nardone. Quello che mi appassiona di questo lavoro è vedere i “segni” positivi che la terapia ha sui pazienti, persone che chiedono il mio aiuto in momenti di difficoltà e che attraverso il percorso ritrovano il benessere psico-fisico.