Ossessioni Compulsioni

“L’ossessione è quando qualcosa non vuole lasciare la tua mente.”

Eric Clapton

Quante volte vi è capitato di avere il dubbio di non aver chiuso la porta di casa, o chiuso bene l’acqua ed avete sentito il bisogno di tornare a controllare per sentirvi sicuri?

Oppure di avere la testa talmente piena di pensieri da non riuscire a concentrarvi su quello che state facendo.

O ancora, di avere talmente tanti dubbi da non riuscire mai a prendere una decisione?

Questi sono solo alcuni esempi di comportamenti che se portati all’esagerazione possono diventare dei problemi che inficiano la nostra vita o addirittura trasformarsi in veri e propri disturbi psicopatologici.

 

Quando i nostri pensieri possono diventare un problema?

Ogni giorno tutti noi abbiamo una serie di pensieri, immagini, dubbi, suoni che arrivano involontariamente alla nostra coscienza, ma i pensieri così come arrivano vanno, perchè per chi non ha problemi di tipo ossessivo/compulsivo non se ne cura particolarmente, anzi sono funzionali a prestare maggiore attenzione, prepararci agli imprevisti o scegliere l’opzione migliore per noi.

Il problema infatti, non consiste nel cercare di non avere pensieri, immagini, dubbi, che sono vitali per la nostra crescita, ma da come reagiamo ad essi ed alla frequenza con la quale questi si presentano. Ad esempio se il giorno successivo ho un esame all’università sicuramente sarò un po’ agitato, se mi vengono pensieri quali, “domani l’esame andrà male”, “non mi sento molto pronto”, oppure dubbi quali “mi chiederà quell’argomento che non so benissimo?”, “riuscirò a finire in tempo?”, posso reagire in maniera differente, posso comunque svolgere la mia vita quotidiana rimandando a dopo aver svolto l’esame le risposte ai miei dubbi, oppure posso iniziare concentrarmi esclusivamente su questi pensieri da non riuscire più a fare altro.

Il primo caso è un comportamento funzionale, nel secondo caso è una reazione disfunzionale, che se mantenuta nel tempo può scaturire in un problema ossessivo.

Inizialmente il disturbo ossessivo-compulsivo nel DSM IV-TR (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) veniva considerato un disturbo d’ansia, caratterizzato dalla presenza di ossessioni e compulsioni. Nel 2014, con l’uscita del DSM V, il disturbo ossessivo compulsivo – e disturbi correlati “guadagna” un capitolo in autonomia e viene distinto dai disturbi d’Ansia. Pertanto viene individuato come entità  nosologica autonoma insieme ad altri disturbi ad esso correlati.

Per il DSM5 le ossessioni sono “Pensieri, impulsi o immagini ricorrenti e persistenti, vissuti, in qualche momento nel corso del disturbo, come intrusivi e indesiderati e che nella maggior parte degli individui causano ansia o disagio marcati. L’individuo tenta di ignorare o di sopprimere tali pensieri, impulsi o immagini, o di neutralizzarli con altri pensieri o azioni (cioè mettendo in atto una compulsione)”. Pertanto ciò che differenzia un pensiero ossessivo da un pensiero comune non è il suo contenuto, ma è come reagiamo allo stesso.

Per il terapeuta strategico nella sfera ossessiva e compulsiva possono rientrare differenti tipologie di problemi

OSSESSIONE/COMPULSIONE

Il disturbo ossessivo-compulsivo denominato anche DOC è tra le patologie della mente e del comportamento più invalidanti e difficili da debellare. Persone che soffrono di questo disturbo tendono ad avere pensieri, immagini incontrollate e ricorrenti. Queste innescano una sensazione di ansia e paura che cercano di controllare e placare attraverso azioni comportamentali o mentali che hanno la funzione di placare il timore provato in quel momento.

Queste azioni comportamentali o mentali inizialmente placano il disagio scaturito dal pensiero, ma a lungo andare diventano dei veri e propri rituali, che se la persona non riesce a mettere in atto creano le stesse sensazioni per le quali sono nati.

Ad esempio: Per placare l’ansia da esame devo mettere la maglietta “portafortuna” e sono convinto che solo così posso superare l’esame, ma un giorno per usura quel mio “talismano” si lacera . Questo mi crea talmente ansia che non mi presento all’esame e sono certo che non potrò più laurearmi.

Pertanto un’azione ripetuta nel tempo come risposta al bisogno di placare l’ansia (rituale) – mettermi la maglietta “portafortuna” per placare l’ansia da esame – non solo a lungo andare non funziona più, ma se non lo posso mettere in pratica diventa la causa del mio malessere.

Comportamenti e pensieri di per sé “sani”, come il voler superare un esame o l’attenzione per l’igiene personale o il controllo della realtà, vengono portati all’eccesso e trasformati in compulsioni irrefrenabili.

La vita del paziente perde progressivamente il proprio ritmo naturale e viene scandita dai rituali indotti dalla compulsione (= impulso irrefrenabile).

I rituali possono avere tre funzioni differenti:

prevenire che accada qualcosa di brutto; esempio prevenire che l’esame andrà male;

propiziare che un dato evento vada bene, ad esempio di passare l’agoniato esame all’università;

riparare qualcosa avvenuto nel passato, es. lavarmi ripetutamente le mani dopo aver toccato un oggetto che ritengo possa contagiarmi.

Il rituale pertanto diventa una tentata soluzione che il paziente mette in atto per cercare di risolvere il problema, ma come è evidente, non solo lo mantiene, ma lo alimenta.

Altre azioni che le persone che sviluppano un DOC mettono in atto sono l’evitamento di tutte quelle situazioni che potrebbero essere fonte di paura/ansia, portando la persona a ridurre radicalmente le esperienze sociali ed infine la richiesta di rassicurazioni, a persone a loro vicine, spesso la famiglia viene inserita nei rituali e diventa prigioniera del  problema.

Le persone che soffrono di queste problematiche sono consapevoli che i rituali che svolgono sono irrazionali, ma non riescono a fare a meno di agirli. Il terapeuta strategico, attraverso delle strategie che ricalcano il problema aiuta la persona ad uscire dalla trappola mentale che li incatena al disturbo.

OSSESSIONI

Le ossessioni sono dei pensieri o delle immagini che si presentano alla mente ripetutamente e contro la propria volontà, creando profondo disagio. Come accennato prima un pensiero diventa ossessivo quando la frequenza di quel pensiero o di quei pensieri/immagini è talmente ricorrente che inficia la qualità di vita delle giornate e le sensazioni/reazioni che provo mi creano ansia, paura o confusione.

La natura dell’ossessione può essere la più disparata. C’è chi sviluppa ossessioni d’amore, religiose, sessuali, ecc.

La persona vive in ostaggio dei suoi stessi pensieri ed in alcuni casi questo meccanismo può invalidare la vita di una persona, perché vive la sensazione di “impazzire”. La tentata soluzione principale che la persona mette in atto per cercare di uscire da questa problematica è “cercare di non pensare”, ma più cerca di non pensare, più pensa costantemente al pensiero stesso ingigantendo il problema.

DUBBIO PATOLOGICO

Le persone che sviluppano questa problematica sono persone che vivono attanagliate da dubbi/domande di ogni genere che si presentano involontariamente e, nei confronti dei quali, le persone cercano di dare risposta.

Le domande che possono sfociare in dubbi patologici sono generalmente quelle connesse a decisioni inerenti al nostro futuro o alla nostra identità, come ad esempio una scelta professionale, l’identità sessuale, la scelta amorosa. Ci possono però essere anche dubbi di natura più stravagante, come ad esempio “ potrei mai far del male al mio compagno?” o “sarei in grado di uccidere mio figlio?”.

Quando questi dubbi diventano onnipresenti durante la giornata, quando non riusciamo a venirne a capo in tempi ragionevoli e questo ci fa vivere in una costante sensazione di angoscia, allora siamo di fronte al dubbio patologico.

La tentata soluzione disfunzionale per eccellenza in questi casi è cercare di trovare una risposta, ma in genere, questa apre sempre ad altre domande, trascinando la persona in un abisso di domande e risposta dal quale non riesce ad uscirne. Un po’ come quando aprendo una matrioska se ne trova dentro un’altra. Compito del terapeuta non è cercare di razionalizzare il vortice di domande/risposte nel quale è inserito, ma attraverso tecniche terapeutiche aiutarlo ad interrompere questa ricerca spasmodica di risposte che mantiene il problema.

IPOCONDRIA

La persona che soffre di ipocondria è un la persona che ha il costante timore di avere una malattia.  Infatti queste persone interpretano le loro sensazioni fisiche come il sintomo di una malattia. La paura  delle malattie muta a seconda dei sintomi corporei che percepisce.

Anche in questo caso le persone ipocondriache per cercare di risolvere il loro problema mettono in atto delle strategie disfunzionali, che mantengono ed addirittura peggiorano il problema. Infatti, per paura di sviluppare malattie sono continuamente in ascolto di ogni segnale del loro corpo che viene interpretato come indizio di malattia. Inoltre si sottopongono a innumerevoli visite specialistiche.

L’esito negativo della visita li tranquillizza solo temporaneamente, fino al nuovo segnale successivo all’ascolto del proprio corpo e che interpreta come una nuova malattia.

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