Paura di rimanere da soli

da | 6 Novembre 2022 | Crescita Personale, Ansia, Fobie, Panico

La solitudine può essere una tremenda condanna o una meravigliosa conquista.
Bernardo Bertolucci

Una paura che risulta sempre più diffusa, nonostante la tecnologia e l’avvento di smarphone ci permettano di poter rimanere sempre connessi con i nostri “contatti”, è la paura di rimanere da soli!
Sembra paradossale, nel recente passato se si voleva uscire con gli amici, con il moroso o stare in compagnia bisognava chiamare sul telefono fisso di casa, con il rischio che rispondesse il genitore, il fratello e la sorella, oppure per i più fortunati c’erano i cellulari dove ogni messaggio costava, così come lo scatto alla risposta, ed allora si ricorreva a messaggi quasi incomprensibili da quanto erano colmi di abbreviazioni o i fatidici “squillini”, che equivaleva al “ti sto pensando”. Oppure, ancora, si andava a suonare il campanello di casa chiedendo se poteva uscire.
Insomma, accordarsi per stare in compagnia non era semplice come ai giorni d’oggi, eppure la paura di rimanere da soli non era così diffusa!
Oggi possiamo messaggiare senza limiti con tutti i nostri “contatti”, fare videochiamate con chiunque in qualsiasi parte del mondo. Anche le persone solitamente meno avvezze ad usare gli smartphone con la pandemia hanno fatto “necessità virtù” e persone che fino al giorno prima usavano il cellulare solo per chiamare sono diventate più pratiche ad utilizzare i social, le chat e le videochiamate.
Se da un lato il lockdown ha spinto anche i meno avvezzi ad utilizzare la tecnologia per comunicare, dall’altro durante questo periodo di isolamento e distanziamento sociale molte persone hanno sofferto la solitudine, che porta con sé un’enorme malessere, sofferenza ed angoscia, esacerbando malesseri psicologici che fino a prima della pandemia non erano presenti o erano comunque contenuti.

Perchè in un’epoca di connessione h24 soffriamo la solitudine ed abbiamo paura di rimanere soli?

La solitudine è sofferenza maledetta non quando si è soli
ma quando si ha il sentimento di contar niente per nessuno.
Enzo Bianchi

La solitudine, la paura di rimanere da soli fa parte dell’essere umano, essendo noi degli “animali sociali” la relazione con l’altro ci appaga, ci fa sentire completi e ci rende felici. Per questo con l’avvento della tecnologia nell’ambito della comunicazione e poi con l’avvento dei social, che permettono di conoscere persone in tutto il mondo e di rimanere in contatto h24 verrebbe quasi spontaneo pensare che la paura di rimanere da soli e la solitudine siano solo un brutto ricordo, invece non è così!
Paradossalmente questa paura è sempre più diffusa, anche tra i giovani ed è sempre più intensa, tanto che può tramutarsi in psicopatologia.
Ma se i social, i siti di incontri spopolano, come è possibile sentirsi soli?
Quando entriamo in contatto con una persona virtualmente, per quanto possa essere avanzato il virtuale, i nostri sensi vengono attivati solo in piccolissima parte. Infatti, quando incontriamo un a persona in carne ed ossa tutti i nostri sensi vengono attivati, la vediamo, la ascoltiamo, sentiamo il suo profumo/odore, la possiamo toccare e la possiamo “assaporare” ad esempio se ci si scambia dei baci.
Nel mondo virtuale invece questa attivazione è ridotta solamente alla vista e all’udito.
Come è stato ampiamente dimostrato le nostre emozioni sono attivate prevalentemente dall’attivazione dei nostri sensi, pertanto va da sé che nella comunicazione virtuale, nella quale i sensi vengono attivati solo in minima parte, la carica emotiva è necessariamente inferiore. Per questo motivo ci sentiamo soli nonostante siamo connessi.
Nonostante questo paradosso, la maggior parte delle persone vive la fruizione dei social e delle forme di connessione virtuale in generale come necessarie per il loro benessere, senza rendersi conto che in realtà li porta a costruire conoscenze “emotivamente non appaganti”. Pertanto l’utilizzo della tecnologia come fuga dalla solitudine e dalla paura di essere soli non è funzionale, ma anzi può essere controproducente, in quanto ci illude di essere in relazione, ma sono relazioni non appaganti, con l’aggiunta di poter sviluppare una dipendenza dal mezzo tecnologico.
Tutto questo non vuol dire che la tecnologia è “il male” e peggiora la nostra la vita, ma semplicemente non ci possiamo illudere che avere tanti contatti con i quali ci sentiamo telematicamente possa sostituire le nostre relazioni affettive, sentimentali ed amorose in presenza.
La tecnologia è un mezzo, uno strumento che se ben utilizzato ci permette di costruire conoscenze e spetta a noi trasformare in relazioni in presenza, le uniche che ci possono appagare totalmente.

Paura della solitudine cos’è e quando si manifesta?

Abbiamo dimenticato cosa sia guardarsi l’un l’altro, toccarsi, avere una vera vita di relazione, curarsi l’uno dell’altro. Non sorprende se stiamo morendo tutti di solitudine.
Leo Buscaglia

La paura di restare da soli e della solitudine può presentarsi in differenti sfumature, pertanto spesso è difficile da definire, perché non sempre è evidente e non sempre chi ne soffre è una persona sola, anzi talvolta per sfuggire a questa paura le persone tendono ad evitare la solitudine e cercano sempre di circondarsi di persone.
Sicuramente le persone che soffrono di questa paura, che se non affrontata in tempo può raggiungere delle forme patologiche, vivono in uno stato di malessere costante, uno stato d’ansia e di forte disagio in cui il terrore può prendere il sopravvento se si percepiscono come soli o se provano solitudine arrivando a sfociare anche in attacchi di panico che possono inficiare la vita della persona.
Alla base di questa paura potrebbe esserci un passato di abbandono, la perdita di una persona cara e una separazione sentimentale, ma non necessariamente, anzi, caratteristica comune che provano le persone che soffrono di questa paura è il non sentirsi apprezzati dagli altri e non sentirsi abbastanza considerati.
Sono persone che spesso mettono al primo posto delle loro priorità piacere agli altri e considerano i loro bisogni secondari.
Complice la società, che associa l’essere ricercati, l’avere tanti “followers” ad uno stato di benessere, in mancanza di una buona autostima o di sapere comunque cosa piace o non piace, l’ansia della solitudine aumenta decentra le persone, spesso facendo perdere di vista gli obiettivi personali e la capacità di saper scegliere il meglio per sé.
Questa “fobia della solitudine” solitamente non si basa su alcuna minaccia reale e spesso le persone che ne soffrono ne sono consapevoli, ma nonostante questo non riescono a non provare angoscia di trascorrere particolari periodi da soli, ad esempio le vacanze estive o le festività in generale mettono in crisi e a dura prova queste persone, perché sono i periodi dove maggiormente rischiano di uscire dalla loro routine e rimanere da soli.
Quando la persona si sente sola e soffre di questa paura a livello patologico, le sensazioni che prova possono essere talmente intense che possono sfociare in un attacco di panico, facendo fatica a respirare, provando una terribile sensazione di morire o di poter perdere il controllo e non rispondere più delle proprie azioni. Possono arrivare ad uno stato di confusione mentale e/o cercare di fuggire a questo malessere cercando la compagnia di qualcuno.
Questi sintomi portano a cercare di evitare di ritornare in questo malessere cercando disperatamente la compagni di altri, evitando la solitudine e cercando di assecondare il volere degli altri per cercare di essere riconosciuti, accettati, seguiti, ricercati e non lasciati soli.
Così facendo, queste persone, con le migliori intenzioni ottengono i peggiori risultati, perché il piacere dello stare insieme viene sostituito dal bisogno del non dover restare da soli, portando la persona ad adattarsi eccessivamente agli altri o ricercando/elemosinando le attenzioni altrui.
In questo modo si possono innescare delle problematiche legate alla dipendenza relazionale, ma anche, forti tensioni nei rapporti interpersonali.
Se nonostante gli sforzi il rimando della società non è quello che vorrebebro può scaturire una depressione.
Le persone che soffrono di questa paura possono sviluppare due modalità di comportamento relazionale differenti, ma entrambe disfunzionali.

“Chi si loda si imbroda”

Queste perone per ottener il consenso altrui cercano di adeguarsi alle mode e di comportarsi in maniera socialmente accettabile arrivando a snaturare il loro “essere” pur di sentirsi accettati, fino a non riconoscere nemmeno più cosa gli piace e cosa fanno invece per essere accettati.
Questo atteggiamento a lungo andare gli fa ottenere il contrario di quello che vorrebbero, perché proprio la ricerca di conferme da parte degli altri li porta verso il fallimento, poiché questo atteggiamento genera avversione, come dice un detto popolare “chi si loda si imbroda”. Infatti chi pretende il riconoscimento delle proprie qualità si rende relazionalmente insopportabile al punto che non vengono riconosciuti nemmeno per le loro effettive qualità.

“Mi va bene tutto, l’importante è non litigare”

Pensavo che la cosa peggiore nella vita fosse restare solo. No, non lo è. Ho scoperto invece che la cosa peggiore nella vita è quella di finire con persone che ti fanno sentire veramente solo.
Robin Williams

L’altra modalità di comportamento disfunzionale è il tentativo “disperato” di ingraziarsi gli altri è assecondarli a trecentosessanta gradi evitando come impossibile da tollerare il conflitto, per la paura di essere rifiutati.
Sono le persone sempre solari, amiche di tutti, sempre circondati da amici e sempre disponibili con tutti, che non riescono a dire di no agli altri.
Anche in questo caso questo suo tentativo di ipersocialità non è funzionale perché sono obbligati dal loro malessere ad adattarsi alle volontà altrui e a risultare sempre d’accordo con gli altri, coltivando verso sé stesso un senso di inadeguatezza che fatica a tollerare.

In generale per l’essere umano per raggiungere uno stato di benessere deve imparare a vivere alternando stati si solitudine e compagnia, in quanto nessuno può vivere isolato, così come iper-connesso, infatti lo sbilanciamento verso uno o l’altro lato può diventare patologico.
Quello che è importante sapere è che nessuno può stare bene da solo se non sa stare con gli altri e viceversa. Infatti la solitudine in sé non è negativa, in alcuni casi è necessaria, come per esempio per raggiungere concentrazione prima di una prestazione importante.

Alcune domande utili da porci per non rimanere imprigionato nelle trappole che incrementa la paura di rimanere da soli:

Il privilegio di saper stare bene da soli ti regala quello più pregiato, di poter scegliere con chi stare.
Anonimo

– se ti presenti con un’immagine più elevata di quello che sei, riesci poi a mantenerla? Mi spiego meglio, abbiamo detto che un tentativo che alcune persone mettono in atto per combattere la paura della solitudine ed essere accettati è il presentarsi “vincente” di persona che deve essere apprezzata, ma oltre che essere controproducente a livello relazionale è anche molto difficile da mantenere frustrante. Pensiamo alle foto che solitamente vengono postate sui social, sempre perfette, dove mostrano una vita relazionale perfetta, la famiglia perfetta, outfit curatissimo, ma è difficile vivere mantenendo quell’immagine. Pertanto se sei una di quelle persone che deve essere sempre al top per cercare di piacere agli altri inizia ad essere un po’ meno perfetto, partendo da piccole cose, come ad esempio uscire di casa un po’ spettinato, oppure fare deliberatamente dei piccoli sbagli ecc. e presta attenzione ai rimandi spontanei degli altri.
– che tipo di relazione vuoi vivere? Piacere o bisogno? Spesso le persone che temono la solitudine tendono ad aver bisogno di stare con gli altri e non ha nulla a che vedere con la libera scelta o con il piacere di stare in compagnia, ma è un obbligo dettato dal cercare di non provare quel dolore che anche solo l’idea della solitudine provoca. Pertanto queste persone tendono ad accontentarsi di una qualsiasi compagnia, senza domandarsi se stare con quelle persone gli crea piacere, inoltre nel momento in cui ha necessità di stare con gli altri è come se mettesse in una posizione di inferiorità dove può rimanere in balia dei “capricci” altrui. Pertanto se ti rendi conto che le tue relazioni non sono dettate dal piacere dello stare in compagnia, ma dal bisogno di non restare da solo pensa che questo tuo bisogno ti sta rendendo ogni giorno più fragile. Inizia a prenderti cura di te stesso, partendo da dei piccolissimi gesti che ti creano piacere. Ricordati che solo chi può stare bene da solo riesce a godere anche della compagnia.
– Preferisci tante relazioni superficiali o meno relazioni, ma appaganti? Un altro tentativo che le persone mettono in atto quando temono lo restare da soli è l’iper-socialità, non è importante con chi e dove, ma l’importante è essere circondati da tante persone. Queste persone, non essendo “selezionate” in base all’affinità ed al piacere di stare con loro rischiano di avere poco a che fare con queste persone e pertanto non soddisfare mai pienamente la sfera relazionale. Infatti avere tanti conoscenti non sempre è soddisfacente se le relazioni rimangono a livello superficiale, perché comunque tutto l’aspetto di condivisione, di comprensione e di feeling che nelle relazioni amicali, amorose, ecc. sono importanti vengono meno. Pertanto se per te non riesci a fare a meno della quantità, ma soffri il non riuscire a costruire relazioni appaganti domandati, delle persone che frequento con chi ho effettivamente il piacere di stare in loro compagnia? Ed in seguito inizia a curare quelle relazioni.
– Quello che stai facendo ti appaga? Spesso chi tende ad adattarsi agli altri per paura di essere rifiutato è talmente abituato a mettere in secondo piano i propri bisogni che spesso fatica a riconoscerli e comprendere cosa effettivamente gli piace o lo fa per assecondare gli altri. Se sei una di queste persone è importante che ricominci a scoprire cosa effettivamente ti appaga, in quanto solo chi riesce ad appagare i propri bisogni quotidiano riesce a vivere una vita in equilibrio e serena. Pertanto come fare a capire cosa piace o non piace dopo tanto tempo? Inizia a sperimentare cose differenti da quello che fai di solito!

Marzia Targhettini

Marzia Targhettini

Sono Marzia Targhettini, psicologa e psicoterapeuta Breve Strategica. Ho scelto di fare la psicologa perché mi ha sempre interessato ascoltare le storie di vita delle persone che mi circondano. Dopo la laurea ho compreso che il lavoro che ho scelto è ancora più affascinante di quel che sembra e che attraverso il dialogo aiuta i pazienti a risolvere i problemi. Per formarmi al meglio, dopo un Master sui Disturbi Specifici di Apprendimento ho frequentato e concluso la scuola di Specializzazione di Psicoterapia Breve Strategica di Giorgio Nardone. Quello che mi appassiona di questo lavoro è vedere i “segni” positivi che la terapia ha sui pazienti, persone che chiedono il mio aiuto in momenti di difficoltà e che attraverso il percorso ritrovano il benessere psico-fisico.