Depressione

“La rinuncia è un suicidio quotidiano.”

Honorè de Balzac

Depressione è la parola maggiormente digitata sul web quando si cerca spiegazioni al disagio psicologico.

Spesso è diventata una parola di uso comune per indicare un umore triste o svogliatezza, capita di sentire anche bambini molto piccoli che di fronte ad un momento di tristezza esclamano “uff…sono depresso”!

Questo ci dovrebbe far ragionare su quanto questo termine viene utilizzato nella nostra quotidianità e talvolta ne si abusa con il rischio di non prendere sul serio quei “campanelli d’allarme” che talvolta sono importanti da riconoscere per prevenire lo strutturarsi di un vero e proprio problema di depressione.

Naturalmente depressione e tristezza non sono sinonimi, infatti la prima è uno stato psicologico di alterazione dell’umore, la seconda è una delle emozioni primarie, cioè una di quelle emozioni che tutti gli esseri umani provano quando vivono una percezione di perdita o di cambiamento.

La tristezza spesso viene vissuta come un’emozione negativa dalla quale rifuggire e che spaventa, invece è molto importante accoglierla  e viverla a pieno, perché anche questa, come le altre emozioni primarie ha una funzione adattiva per l’uomo.

La funzione della tristezza, se accettata, permette all’individuo di riconoscere ciò che non lo fa stare bene e lo aiuta a trovare la spinta per sperimentare qualcosa di nuovo, infatti è dalla mancanza che nasce il bisogno ed il desiderio.

Depressione e tristezza sono spesso correlate perché quando si provano degli stati d’animo depressi un sentimento ricorrente è quello di tristezza, ma per parlare di depressione ci devono essere dei criteri specifici che devono essere soddisfatti.

Quando dobbiamo preoccuparci che da tristezza si scivola in stati alterati dell’umore?

 

Soffrire per un lutto di una persona cara o per un abbandono amoroso è assolutamente naturale, il problema è quando la sofferenza è talmente intesa e duratura nel tempo che non ci permette di elaborare la nostra perdita ed il dolore dilaga inficiando molti o tutti gli ambiti della nostra vita.

Pertanto è importante chiedere aiuto ad un professionista quando ci accorgiamo che la tristezza, apatia e svogliatezza che proviamo stanno dilagando a macchia d’olio nella  nostra vita, per poter intervenire tempestivamente ed evitare che si trasformi in un disturbo vero e proprio.

Infatti, la depressione, è molto diffusa nel mondo occidentale, tanto che già nel 2017 l’Organizzazione Mondiale della Sanità parlava di “allarme depressione” prevedendo che nel breve futuro la depressione sarà la seconda malattia più diffusa al mondo dopo le malattie cardiovascolari.

Il soggetto che ne soffre appare incapace di fare qualunque cosa, si denota un sentimento di arrendevolezza. Il suo comportamento è rallentato e demotivato, i pensieri sono negativi e pessimisti ed il piacere assente.

La depressione è inserita e descritta nel manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM), nella categoria dei disturbi dell’umore e viene distinta  tra “disturbi depressivi con un singolo episodio”, cioè che compaiono una sola volta, e “disturbi depressivi ricorrenti”, ovvero che si verificano con continuità dopo un intervallo di almeno due mesi.

Per diagnosticare un disturbo depressivo dell’umore, il paziente dovrebbe presentare, per un periodo di almeno due settimane, quasi ogni giorno, almeno cinque tra i seguenti sintomi e la persona dovrebbe sperimentare un cambiamento significativo del suo “funzionamento”:

  • umore depresso, per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno
  • marcata diminuzione di interesse o di piacere per tutte, o quasi tutte, le attività, per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno
  • perdita di peso significativa o riduzione/aumento dell’appetito quasi ogni giorno
  • insonnia o ipersonnia quasi ogni giorno
  • agitazione o rallentamento psicomotorio quasi ogni giorno
  • sensazione di affaticamento o di mancanza di energia quasi ogni giorno
  • sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi e inappropriati quasi ogni giorno
  • ridotta capacità di concentrarsi o indecisione quasi ogni giorno
  • pensieri ricorrenti di morte e ricorrente ideazione suicidaria

Gli altri criteri che devono essere soddisfatti per porre diagnosi di depressione, in base al DSM, sono:

  • i sintomi causano disagio o compromissione clinicamente significativa in ambito sociale, lavorativo o di altre aree importanti
  • l’episodio depressivo non è attribuibile all’uso di particolari sostanze o ad altra condizione patologica
  • i sintomi non sono giustificati da un lutto e persistono per più di due mesi

In un’ottica strategica la depressione viene considerata come una conseguenza, un effetto finale di altre problematiche, quali ad esempio disturbi fobici e ossessivi, problemi di relazione, disturbi alimentari o disturbi della personalità, ecc., che nonostante gli sforzi messi in atto dalla persona per risolverli non hanno trovato soluzione, pertanto il soggetto si arrende, con enorme fatica, alla sua problematica.

Compito del terapeuta strategico è comprendere e ricercare il funzionamento depressivo che la persona mette in atto nel relazionarsi al suo contesto, agli altri ed alla percezione della sua idea di  “essere depresso”, per poter scardinare una dopo l’altra le tentate soluzioni che le persone mettono atto e che a lungo andare mantengono il problema.

Infatti per riuscire a scardinare la depressione è molto importante comprendere quali sono quegli atteggiamenti che la persona, con le migliori intenzioni, mette in atto per cercare di uscire dalla sofferenza che la immobilizza.

La depressione pertanto, non è quindi vista come una malattia, ma come un’enorme sofferenza,  effetto di disagi diversi, che si manifesta con innumerevoli volti, tutti accomunati da lo stesso atteggiamento di resa/rinuncia.

Infatti, le persone che soffrono di depressione, nei suoi differenti gradi di intensità e criticità, mettono in atto degli atteggiamenti comuni che a lungo andare li imprigionano nel loro malessere, disperazione ed apatia tipica della depressione.

 

Oltre alla rinuncia queste persone, sentendosi deboli e senza forze, sono convinte, per le cause più disparate, come ad esempio per il destino avverso, per la mancanza di fiducia in loro stesse, ecc… che non riusciranno mai a modificare in nessun modo il loro malessere e pertanto tendono a non prendere decisioni, delegando alle persone a loro vicine, famiglia, partner o farmaci la responsabilità di fare al posto loro per poter farli stare bene.

Altro atteggiamento che accomuna che vive uno stato depressivo è il laconico lamento della  condizione di sofferenza che li affligge o al contrario il ritirarsi in un silenzio assoluto ed assordante.

Pertanto sono persone che rinunciano anche solo al tentativo di migliorare la propria condizione, ponendosi in una condizione di vittima che li caratterizza e l’imprigiona all’impossibilità  di immaginarsi diversamente.

Si può uscire dalla depressione?

Spesso l’idea di fondo è che se una persona “cade” in depressione non c’è via d’uscita, in realtà non è così.

Una visione biologica della medicina e della salute mentale considera la depressione come una malattia di tipo cronico, che può essere tenuta a bada nei suoi sintomi, con antidepressivi, ma dalla quale non si può guarire, mentre in realtà le evidenze scientifiche ci dicono il contrario, la depressione può essere superata del tutto. Nella maggioranza dei casi, infatti, questa non è la conseguenza di alterazioni biochimiche a livello cerebrale, ma la modalità disfunzionale di reagire alle esperienze della vita può influenzare negativamente gli equilibri biochimici del cervello.

Non sempre per curare gli stati depressivi sono necessarie terapie farmacologiche, infatti tutte le linee guida concordano sul fatto che, nelle forme lievi di depressione, la terapia di maggiore efficacia è la psicoterapia.

E’ da sottolineare che la terapia farmacologica interviene a livello sintomatico, cioè è funzionale ad aiutare la persona ad alleviare  i sintomi ed è necessaria quando la loro gravità inibisce la vita sociale, lavorativa e relazionale della persona.

Anche nei casi in cui il farmaco fosse necessario è sempre di fondamentale importanza associarlo ad una psicoterapia per aiutare la persona ad uscire trappola trappola depressiva.

Nella terapia breve strategica i protocolli di intervento hanno un’efficacia rilevante anche per il trattamento del disturbo depressivo, infatti il trattamento della depressione procede attraverso una sequenza di manovre terapeutiche non intrusive, che conducono il paziente ad effettuare, gradatamente, esperienze concrete di cambiamento che lo aiutano a riattivare risorse personali “dimenticate” o inesplorate.

 

La persona, nel corso della terapia, riesce riconquistare la propria autonomia e indipendenza,  tornando  il protagonista della propria vita.

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