Aveva la coscienza pulita. Mai usata.
(Stanislaw Jerzy Lec)
Chi di noi almeno una volta nella vita non si è sentito in colpa per un torto che ha fatto, magari anche involontariamente ad un amico, o per aver scelto il meglio per sé o ancora per non aver fatto abbastanza per gli altri.
Spesso nel mio lavoro accolgo persone imprigionate nei sensi di colpa, genitori logorati perché sono stati poco presenti per i loro figli ed altri altrettanto sfiniti perché, al contrario, la loro eccessiva presenza ha “creato” dei figli insicuri o eccessivamente pretenziosi.
Pertanto verrebbe da domandarsi, ma allora il problema è la presenza o l’assenza?
Noi sappiamo che, anche se ci piacerebbe, non esiste un giusto ed uno sbagliato, ma modalità di percepire più o meno funzionali alla situazione e dosi diverse che trasformano la stessa sostanza in una cura o in un veleno.
In questi casi il minimo comune denominatore è lo strenuante logorio che il senso di colpa scava nella mente di chi lo prova.
Il problema sta in quei continui pensieri che il nostro giudice interiore ci impone “Ecco! A causa mia non sarà mai felice mia figlia!”, oppure “E’ colpa mia se mi ha lasciato, ho chiesto troppo!” e nelle sensazioni spiacevoli che proviamo quando ci sentiamo “colpevoli”.
Il senso di colpa è un sentimento doloroso da provare, logorante e chi lo subisce fatica a trovare momenti di serenità.
È come se fossero condannati al continuo pentimento per le loro innumerevoli colpe e che qualsiasi espiazione non sia mai sufficiente.
Naturalmente non per tutti questo sentimento è così tirannico.
Il senso di colpa in sé non è negativo ed è importante riconoscere anche la sua parte funzionale, in quanto ci aiuta a coltivare e mantener viva la nostra parte più etica ed il nostro senso di responsabilità nel nostro relazionarci agli altri ed al contesto nel quale siamo inseriti.
Permette di comprendere se abbiamo commesso un danno ingiustificato e quindi di cercare di porre rimedio. Ad esempio se per sbaglio o distrazione rovescio il caffè sul vestito di una mia amica, proprio quel vestito che so essere il suo preferito, oltre che scusarmi con lei cercherò di rimediare al mio sbaglio proponendomi di portarlo al “lavasecco”, oppure se in un momento di collera rispondo male al mio partner il senso di colpa mi porterà oltre a chiedergli scusa, magari anche a preparare la sua “cena preferita” per rimediare al mio agito.
Pertanto il senso di colpa percepito nelle situazioni adeguate, può essere il “grillo parlante” della favola di Collodi che mette in dubbio le nostre azioni e la convinzione di essere nel giusto, facendoci ragionare su come rimediare; pertanto può essere utile per aiutarci a maturare.
Nel vocabolario troviamo questa definizione “In psicologia, senso o sentimento di colpa (e nel linguaggio comune anche complesso di colpa), la coscienza che un individuo ha della propria colpevolezza o responsabilità di un male commesso, o che crede, anche ingiustificatamente, di aver causato, e che talvolta si manifesta con un patologico bisogno di punizione”.
Quando il senso di colpa da “grillo parlante” diventa “persecutore interno”?
Nella definizione sopracitata è ben espresso: il problema nasce quando ci sentiamo in colpa anche senza motivo, ingiustificatamente, e riusciamo a placare il nostro malessere solo se riteniamo di esserci “puniti” a sufficienza, anche se questo “a sufficienza” spesso tarda ad arrivare e ci tormentiamo per situazioni che non potevamo ne prevedere, ne controllare, che non dipendono da noi, ma delle quali ci sentiamo lo stesso responsabili.
Le situazioni possono essere le più disparate dal sentirci responsabili perché abbiamo fatto conoscere la nostra amica al nostro fidanzato che poi ci lascia proprio per questa persona e noi ci colpevolizziamo del fatto che questo sia accaduto; oppure perché dovevamo immaginare che le amicizie di mio figlio l’avrebbero portato su una cattiva strada, o ancora per fatti anche più traumatici quando ci si sente responsabili per avvenimenti più gravi, come incidenti automobilistici “è colpa mia se ha fatto l’incidente, gli ho chiesto io di andare al supermercato a fare la spesa”.
Un altro aspetto per valutare la natura funzionale o disfunzionale dei nostri sensi di colpa è comprendere quanto tempo passiamo in loro compagnia e quanto inficiano le nostre giornate, pertanto valutare la quantità, qualità e durata. Infatti quando perdura troppo nel tempo questo tormento interiore può portare allo strutturarsi di vere e proprie patologie.
I SENSI DI COLPA SE TROPPO INTENSI O ECCESSIVI CI IMPRIGIONANO LENTAMENTE AL DI LA’ DI OGNI ETICA E RAZIONALITA’
Nascono quando percepiamo di aver tradito i nostri “codici di comportamento”, ovvero quello che crediamo che sia corretto o meno nei confronti degli altri, di noi stessi e del mondo.
Pertanto non esistono situazioni “oggettive” verso le quali tutti provano sensi di colpa, perché questi dipendono dalle nostre credenze e da come reagiamo alla situazione.
Vi è mai capitato di sentirvi in colpa per un’azione che magari avete fatto centinaia di volte senza alcun rimorso, ma una volta in particolare, perché fatta a persone alle quali siete legati, vi ha fatto sentire in colpa?
Ad esempio quante volte vi sarà capitato alla guida di mandare a quel paese sconosciuti che intralciano il vostro cammino verso casa dopo una giornata di lavoro senza problemi, magari anche con un po’ di senso di liberazione.
Mentre una sera mandate “a quel paese” una signora e solo dopo vi accorgete che è la vostra vicina di casa, sempre molto gentile ed affabile, e di conseguenza vi sentite in colpa.
Considerato che proviamo senso di colpa quando percepiamo che quello che abbiamo fatto è sbagliato secondo le nostre credenze personali, capite che ci si può sentire potenzialmente in colpa per tutto!
Ci sono persone che si sentono in colpa verso i figli, la fede religiosa, sé stessi o il partner per aver divorziato, oppure per aver divorziato troppo tardi, o per non aver divorziato affatto!
Questo sentimento lo si può provare per avvenimenti passati “avrei dovuto dirle e non l’ho detto” o “non avrei dovuto dirle e ho detto” oppure per eventi presenti “dovrei essere migliore, ma non so come fare”, il tutto accompagnato da un doloroso senso di inadeguatezza.
Quando il senso di colpa dilaga come un sentimento invasivo e limita o addirittura blocca i nostri equilibri quotidiani, allora significa che il “grillo parlante” è diventato il nostro persecutore pertanto abbiamo un problema da risolvere.
Come fare a riconoscere quando il senso di colpa perde la sua funzione adattiva?
Interrogati se i tuoi sensi di colpa sono costruttivi e ti aiutano ad essere una persona migliore! Se la risposta è no pensa: tutto ciò che non eleva affonda!
Il senso di colpa trasforma chiunque in un persecutore(Samuli Paronen)
SENSI DI COLPA, NO GRAZIE…
Quante volte abbiamo pensato o abbiamo sentito dire da amici, parenti… “maledetto il mio senso di colpa, vivrei molto meglio senza!”.
Attenzione, se da un lato ci sono persone che vivono intrappolate dai sensi di colpa, dall’altro, al contrario, ci sono persone che si ribellano a questi con delle conseguenze importanti, anche a livello sociale.
Infatti il senso di colpa ha una funzione importantissima per permetterci di vivere sereni all’interno del nostro contesto sociale e relazionale.
Questo sentimento, anche se scomodo ci insegna a conoscere i nostri confini e ci avverte se la strada che abbiamo intrapreso è in linea con i nostri valori, quelli delle persone a noi più vicine e della società nella quale siamo inseriti.
Pertanto i sensi di colpa possono essere considerati come dei campanelli d’allarme che ci segnalano se le nostre azioni e scelte sono responsabili sia nei nostri confronti che nei confronti altrui. Talvolta confondiamo la soddisfazione dei nostri desideri con la felicità, senza considerare gli effetti che questa avrà sugli altri.
Immaginiamo che un responsabile di un’azienda, per aumentare la produttività ed avere u aumento in busta-paga, tolga tutti i dispositivi di sicurezza dei macchinari per avere un aumento della produzione senza considerare i rischi di infortunio per i dipendenti, senza maturare alcun senso di colpa nei confronti degli operai; se gli va bene sarà odiato dagli stessi, se gli va male un infortunio può rovinare la carriera o peggio.
Oppure se un ragazzo, tormenta un coetaneo sui social insultandolo pesantemente e ripetutamente, senza aver il minimo rimorso, gli effetti delle sue azioni possono portare il compagno e la sua famiglia a “ribellarsi” e a pretendere “giustizia” con tutte le conseguenze del caso.
Capite che non dar peso ai sensi di colpa, in alcuni casi può essere estremamente pericoloso, perché si svolgono azioni potenzialmente o addirittura dannose verso gli altri senza alcuna coscienziosità.
Rifuggire dai sensi di colpa è come cercare di non prendersi la responsabilità di quello che siamo e neppure pensare alle conseguenze delle proprie azioni.
Questo fenomeno è talmente importante che quando le persone non hanno affatto sensi di colpa per i danni che hanno causato ad altri entriamo altresì nella sfera patologica; sono persone che invece di razionalizzare il loro comportamento danno la colpa a qualcun altro o negano a titolo definitivo.
Solitamente hanno la tendenza ad essere dannosi per sé stessi e per gli altri e hanno una scarsa capacità di pianificare in anticipo il futuro.
Pertanto non ascoltare i sensi di colpa la possiamo considerare un’azione egoistica che danneggia gli altri e noi stessi, in quanto è impossibile essere felici da soli, infatti il piacere solitario non è mai completo.
Presta attenzione! Se le tue azioni fanno soffrire gli altri, stai danneggiando te stesso!
Ogni uomo è colpevole di tutto il bene che non ha fatto.
(Voltaire)
SENSI DI COLPA NELL’EDUCAZIONE, I RISCHI DEL RICATTO EMOTIVO
Il senso di colpa è un sentimento molto complesso che si apprende fin da piccoli, solitamente in famiglia, e ci accompagna nello sviluppo.
E’ molto importante per un sano sviluppo di questo sentimento, che come abbiamo visto è fondamentale per il nostro benessere e quello altrui, che il bambino cresca in un clima affettivo sereno, fatto da accettazione ed attenzioni.
Infatti, quando un bambino che vive in un ambiente famigliare dove percepisce la fiducia e l’accettazione dei propri genitori, se disobbedisce ad una regola, ad esempio non dire le “parolacce”, si attenderà il rimprovero da parte dei genitori per aver trasgredito la regola e la punizione conseguente, focalizzando però l’attenzione non sul rimuginare su ciò che ha fatto, ma sulla riparazione, esempio chiedere scusa, e sul comportamento futuro, si impegnerà a non dire più parolacce.
Talvolta tutti noi siamo caduti nel tranello di far leva sui sensi di colpa per ottenere qualcosa … infatti il ricatto emotivo è un potentissimo strumento per ottenere!!!
“Se non dai il bacio alla nonna la fai stare male!”, oppure “ se non abbracci il papà la mamma piange”, fino alle più evolute “se non rinunci alla cena con i tuoi amici per me vuol dire che non tieni a me abbastanza”, o ancora “se non cambi il tuo essere testardo per me vuol dire che non mi ami abbastanza”.
Naturalmente il ricatto emotivo si può mettere in atto quando c’è un legame forte che unisce le persone, genitori figli, partner, fratelli/sorelle, ecc.
Chi di noi non ha subito almeno una volta nella vita il ricatto emotivo?!
Dopo ci si sente “male” perché quando siamo in un ricatto emotivo i sensi di colpa ci attanagliano, l’angoscia di aver fatto la scelta sbagliata ci imprigiona e ci sembra di non aver una via d’uscita, qualsiasi cosa facciamo tradiamo qualcuno, se non rispettiamo il ricatto tradiamo la persona amata che ci mette in “scacco”, se lo assecondiamo, la maggior parte delle volte tradiamo il nostro volere.
Il ricatto emotivo è una leva potentissima, pertanto “semplice” da usare e sembra avere un effetto estremamente efficace! Infatti è così, solamente che se lo si utilizza spesso può avere delle conseguenze a lungo andare estremamente deleterie.
Da un lato, nell’educazione il rischio è di crescere dei “futuri adulti” tormentati dai sensi di colpa, alla continua ricerca di conferme, che temono di esprimere la propria opinione o indugiano a fare ciò che realmente vorrebbero, perché non vogliono causare sofferenza, riprovazione nel loro prossimo o per il rischio di non essere accettati.
Dall’altro se il ricatto viene messo in atto dal partner o persone amate la pura è di essere responsabili della loro sofferenza o di farle soffrire!
Se questa modalità comunicativa capita qualche volta non c’è alcun problema…succede a tutti, ma se il vostro modo di rapportarvi alle persone che più amate è far leva sui sensi di colpa attenzione! Da un lato ottenete tantissimo, ma contemporaneamente questo stile relazionale crea moltissima rabbia da chi lo subisce, perché si sente in trappola e non trova una via d’uscita.
Pertanto, se solitamente ottenete o educate facendo leva sui sensi di colpa attenzione!
Otterrete la soddisfazione del bisogno immediato, ma coltiverete rabbia!
“L’educazione è l’arma più potente che si possa usare per cambiare il mondo”
(Nelson Mandela)
DI CHI è LA RESPONSABILITA’?
Alcune persone vivono costantemente immerse nel senso di colpa, di inadeguatezza, donne o uomini in carriera che percepiscono la colpa di non essere abbastanza “genitori”, ma nemmeno abbastanza “in carriera”, alunni che non si sentono all’altezza delle aspettative degli insegnanti, o atleti che non si sentono all’altezza dei fans… insomma persone che non si sentono mai abbastanza, nonostante gli splendidi risultati ottenuti.
Queste persone hanno percezione che siano gli altri a pretendere troppo da loro ed a farli sentire in colpa, ma non è così…ognuno di noi percepisce in modo diverso, pertanto nessuno può farci sentire in colpa se siamo sicuri della benevolenza delle nostre azioni ed accettiamo di essere imperfetti!
Ognuno di noi ha delle “colpe”, ma non per questo è un mostro, anzi più accettiamo le nostre piccole imperfezioni cercando di migliorarci più siamo “umani” verso noi stessi e gli altri.
Pertanto per tutte le persone che vivono vittime del proprio persecutore interno ricordate: solo chi sta bene con sé stesso è in grado di far star bene gli altri.
“Assumersi la responsabilità della propria infelicità è l’inizio del cambiamento.”
(Osho)