In questi ultimi anni si è dimostrato sempre maggiore attenzione allo stress nel contesto lavorativo.
Chi non ha mai sentito parlare almeno una volta di burnout?
E’ un argomento che viene trattato anche nei corsi di formazione della sicurezza sul lavoro che tutti i lavoratori per legge sono tenuti a fare.
Complice anche la pandemia i lavoratori che hanno sofferto di sindrome da burn-out sono aumentati in maniera esponenziale, sopratutto tra i sanitari.
Lo studio della sindrome da burn-out si è sviluppato proprio dalle professioni sanitarie, a causa dell’importante impatto emotivo che questo lavoro comporta, ma da quest’ambito si è poi esteso e generalizzato a tutte le professioni. Proprio per questa ragione diviene essenziale intervenire all’interno del processo, per riconoscerlo e soprattutto per imparare a gestirlo.
Siamo sicuri di sapere cos’è e come riconoscerlo?
Ormai è un termine che è entrato nel sapere comune, tanto che spesso sento ragazzi dire “in questi giorni sono in burn-out, troppe verifiche”, oppure “nel periodo delle feste abbiamo sempre tanto lavoro, entriamo tutti in burn-out”, o ancora “i miei figli mi faranno impazzire, sono in burnout”.
In poche parole spesso si fa confusione tra stress e sindrome da burn-out, in realtà ci sono delle differenze enormi che è importante conoscere per poter comprendere in quale situazione ci troviamo e reagire di conseguenza.
COS’è IL BURN-OUT
“Troppo spesso ci identifichiamo con il nostro lavoro dimenticando di essere anche altro.”
M. Matarazzo
Il termine burnout deriva dall’espressione inglese “to burn out”, ovvero “bruciarsi, esaurirsi”, infatti la psichiatra C. Maslach definisce questa sindrome come un rapido esaurimento psico/fisico dell’impegno lavorativo, risultato dallo stress cronico vissuto dalle persone che si occupano degli esseri umani, in particolare se questi ultimi hanno problemi o stanno soffrendo.
Recentemente l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) descrive la sindrome da burn-out come un “fenomeno occupazionale” derivante da uno stress cronico mal gestito, ma specifica che non si tratta di una malattia o di una condizione medica, anche se è elencato nell’undicesima revisione dell’International Classification of Disease (ICD – 11 testo di riferimento globale per tutte le patologie e le condizioni di salute).
Pertanto chi soffre di questa sindrome solitamente presenta:
– deterioramento dell’impegno nei confronti del lavoro;
– deterioramento delle emozioni originariamente associate al lavoro;
– problema di adattamento tra la persona ed il lavoro, a causa delle eccessive richieste di quest’ultimo.
Come sottolineano i risultati di alcune osservazioni sull’incidenza del fenomeno su mestieri differenti, “il burnout” colpisce in misura prevalente coloro che svolgono le cosiddette professioni d’aiuto, ma anche coloro che, pur avendo obiettivi lavorativi diversi dall’assistenza, entrano continuamente in contatto con persone che vivono stati di disagio o sofferenza.
Se non opportunamente trattati, i lavoratori sotto stress continuo, cominciano a sviluppare un lento processo di “decadimento” psicofisico dovuto alla mancanza di energie e incapacità di scaricare lo stress accumulato, faticando a discernere tra la propria vita lavorativa e privata.
Pertanto non possiamo parlare di sindrome da burnout quando parliamo di esperienze familiari che percepiamo come estenuanti, in quanto questa sindrome è collegata solo e solamente all’ambito lavorativo.
DIFFERENZA TRA STRESS E BURN OUT
“Non è un pericolo, ma piuttosto la minaccia di un pericolo a innescare più spesso la risposta di stress.”
DANIEL GOLEMAN
Un altro aspetto che può essere frainteso quando parliamo di questo argomento è che possiamo parlare di questa sindrome solo e soltanto in presenza di “stress cronico”.
Cosa vuole dire? Per comprendere meglio è importante conoscere cos’è lo stress.
Nella visione comune la parola stress acquista quasi sempre una connotazione negativa, una situazione da rifuggire, in realtà lo stress è la risposta del nostro organismo che ci aiuta ad adattarci a dei cambiamenti esterni o alle nuove circostanze che ci circondano.
Infatti, sul breve periodo lo stress produce variazioni adattive che aiutano la persona a rispondere all’evento stressante, mobilitando delle importanti risorse energetiche, resistendo alla fatica, sonno, alla fame, ecc.
Durante la prima fase di attivazione, lo stress può inibire processi infiammatori ed aumentare la resistenza. Pensiamo a quando siamo costretti ad effettuare un trasloco in situazioni disagevoli, proseguendo il lavoro o con figli piccoli da accudire. Quando questo è finito e ripensiamo a quello che è stato fatto e dove abbiamo trovato le energie per affrontare tale situazione la maggior parte delle volte ci stupiamo di esserne “usciti indenni”. Ecco, questo è proprio grazie allo stress che ci permette di trovare le risorse per affrontare situazioni difficili.
Pertanto lo stress è fondamentale per essere reattivi agli imprevisti e non deve essere associato ad una condizione negativa.
Infatti, gli studiosi quando parlano di stress suddividono l’eustress (stress “buono”) dal distress ( stress “cattivo”).
Fattore però determinante da tenere in considerazione è la durata dell’attivazione da stress, infatti, questa attivazione se permane troppo nel tempo, a lungo andare può produrre variazioni anti adattive, indebolendo progressivamente l’organismo. In questa situazione parliamo di stress cronico quando dura per un lasso di tempo prolungato e tende a ripetersi nel tempo. E’ proprio di questo che parliamo quando trattiamo la sindrome da burnout.
Come mai nello stesso ambiente di lavoro non tutti sviluppano questa sindrome?
Non tutti reagiamo allo stesso modo al mondo che ci circonda, la percezione che abbiamo della realtà fa la differenza. Persone nella stessa situazione possono reagire in maniera opposta, ad esempio ci sono commesse felici di poter lavorare molto nel periodo delle festività, perché sembra che il tempo passi più velocemente ed altre che invece lavorare a contatto con tante persone le mette sotto pressione. Chi ha ragione?
Non esiste una percezione giusta o sbagliata. Esiste una percezione flessibile o rigida. Sotto stress, spontaneamente si tende ad irrigidirsi (fisicamente e percettivamente) e, proprio in virtù di questo irrigidimento la percezione diventa ristretta e monofocale ed impedisce alla persona di rispondere con efficacia alla situazione, innescando spesso circoli viziosi problematici.
Infatti la sindrome da burnout dipende dalla risposta INDIVIDUALE ad una situazione professionale percepita come logorante dal punto di vista psicofisico. Chi ne soffre tende a a ripetere delle strategie che si dimostrano disfunzionali per risolvere la situazione, ma faticano a trovare alternative, pertanto si sento come intrappolati in una situazione dove pensano di non avere gli strumenti per fronteggiarla.
SINTOMI E FASI DEL BURN OUT
“È incredibile come il tuo fisico e la tua mente reagiscano quando la pressione è spinta al limite. Ti riescono cose che non ti credi capace di poter realizzare.”
TIGER WOODS
Abbiamo parlato fin ora che chi sviluppa una sindrome da burn-out presenta in generale un decadimento delle risorse psicofisiche ed un conseguente peggioramento delle prestazioni professionali.
Parlando di decadimento graduale, è importante sottolineare che la sindrome da burn-out è il risultato di un processo progressivo che peggiora nel tempo e non presenta un esordio improvviso. Infatti solitamente si parla di quattro fasi che il lavoratore attraversa. La prima riguarda l’idealizzazione e l’entusiasmo verso l’attività lavorativa che svolge o che dovrà svolgere, quando questa prima fase inizia a diminuire possiamo parlare di “stagnazione” in cui il lavoratore si accorge che le sue aspettative erano troppo elevate, l’entusiasmo e la motivazione nei confronti del lavoro inizia a diminuire, per poi lasciare il passo alla “frustrazione”. In questa fase il lavoratore inizia a provare sentimenti di inutilità, uniti alla sensazione di essere sfruttato e poco apprezzato. In questo momento si può provare della rabbia verso sé stessi o i colleghi/capi.
Infine, la quarta e ultima fase è “l’apatia”, dove la rabbia lascia posto alla rassegnazione arrivando ad una vera propria morte professionale.
I sintomi della sindrome da burnout possono essere molto differenti, anche se ce ne sono tre che sono sempre presenti:
1) Senso di esaurimento emotivo: la persona si sente svuotata, annullata dal proprio lavoro, sfinita a livello emotivo, fisico e mentale. Inoltre non riesce a “recuperare le energie” nemmeno con il riposo”.
2) Aumento di distanza mentale e cinismo nei confronti del lavoro: la persona inizia a prendere distacco dal proprio lavoro che diviene giorno dopo giorno sempre meno importante, con una ridotta efficacia professionale. Inoltre il cinismo nei confronti dei colleghi, dei capi, dei clienti e del lavoro stesso aumenta.
3) Ridotta efficacia professionale: la percezione di inadeguatezza nel mondo del lavoro, l’abbassamento dell’autostima ed il sentimento di insuccesso si traducono in un calo dell’efficienza lavorativa, nonostante l’impegno prestato nelle proprie mansioni.
Questi sintomi sono solitamente accompagnati da altri sintomi a livello fisico come mal di testa, stanchezza, insonnia, disturbi gastrointestinali, tachicardia ed altri sintomi psichici, come maggiore vulnerabilità, mancanza di fiducia nelle proprie capacità, difficoltà di concentrazione e irritabilità.
Un segno caratteristico del burn-out è che il lavoratore non riesce ad uscire dallo stato di sfinimento, stanchezza e malessere nonostante il riposo.
In base alle dimensioni maggiormente interessate si avrà una costellazione di sintomi diversi che purtroppo spesso danno inizio a un circolo vizioso, responsabile della caduta in una spirale che può concludersi con la perdita del lavoro.
COME PREVENIRE LA SINDROME DA BURN-OUT
“La pressione si deve esercitare sul pallone non sul giocatore.”
JOHAN CRUYFF
Ognuno di noi può fare qualcosa per prevenire il burnout, in particolar modo riducendo lo stress, ma l’approccio da seguire varia comunque da persona a persona.
Il burnout va inteso come un processo multifattoriale che riguarda sia i soggetti (fattori interni – variabili individuali, come sesso, età, comportamento e carattere), sia la sfera organizzativa e sociale nella quale lavoriamo (contesto lavorativo e le relazioni all’interno di quel contesto, es. sovraccarico di lavoro, mancato riconoscimento da parte dei superiori, mobbing, ecc.). Se per la seconda raramente possiamo fare qualcosa per modificarla, per i fattori interni possiamo imparare a gestire le nostre caratteristiche personali che ci portano verso le stress conico.
Pertanto per poter prevenire la sindrome da burn-out è importante iniziare a soppesare l’impegno che dedichiamo al lavoro per raggiungere i risultati desiderati, rispettare le proprie esigenze, evitare il perfezionismo, calibrare le aspettative nei confronti del lavoro che andremo a svolgere, imparare a dire “no” quando necessario, definire le priorità, definire gli obiettivi ( che devono essere concreti e realizzabili), stabilire degli orari e dei limiti chiari da dedicare al lavoro (anche per quanto riguarda la risposta a mail e messaggi) ed imparare a delegare dove possibile.
Altri aspetti corollari che possono aiutare la prevenzione del burn-out sono: dormire a sufficienza, avere uno stile di vita equilibrato, fare regolare esercizio fisico e calibrare il tempo da dedicare al lavoro ed alla propria vita privata.
COSA FARE UNA VOLTA IN BURN OUT
“Quando un uomo dice di aver esaurito la vita, significa che la vita lo ha esaurito.”
OSCAR WILDE
Il malessere conseguente al burn-out può condurre il soggetto che ne soffre verso comportamenti che possono degenerare in abuso di farmaci/alcol, isolamento, crisi di panico e depressione.
Pertanto è importante intervenire precocemente affidandosi a dei professionisti esperti che possono aiutare la persona che ne soffre a portare i cambiamenti necessari per affrontare attivamente il problema.
La terapia psicologica fornisce pertanto gli strumenti per imparare a gestire lo stress prima che diventi disfunzionale, ottenere gratificazione per i risultati professionali e soprattutto comprendere i meccanismi che hanno portato allo strutturarsi del problema intervenendo per modificarli in maniera funzionale per uscirne e recuperare il proprio benessere psicofisico.