Non importa quante volte cadi, ma quante volte ti rialzi
CONFUCIO
Questa meravigliosa frase attribuita al filosofo Confucio, evidenzia quanto sia più importante l’obiettivo a lungo termine che l’intoppo momentaneo.
Troppe volte infatti iniziamo a vedere gli ostacoli quando perdiamo di vista l’obiettivo.
Accanto a ciò, spesso tendiamo a sopravvalutare il concetto di motivazione, trascurando invece il ben più importante aspetto delle abitudini.
Anche contemplare l’errore e la caduta come parte integrante del successo è un’abitudine che va coltivata alla stregua degli obiettivi.
Ecco che la differenza tra motivazione ed abitudine diventa quindi essenziale spesso nel tracciare la linea tra successo e fallimento, tra entusiasmo e soddisfazione, tra desiderio e progetto.
Spesso, sulla spinta emotiva e motivazionale, confondiamo i desideri, mi piacerebbe… , con obiettivi, voglio questa cosa… , ma l’approccio è completamente differente e gli effetti del desiderare e porsi obiettivi anche.
La differenza è profonda, perché se la motivazione è paragonabile ad una spinta, l’abitudine è più una costante abilità nel saper navigare con ogni condizione.
La motivazione è come il fuoco che brucia potente ma svelto, mentre l’abitudine è come la brace, che può cuocere un’ottima grigliata!
Costruire una buona abitudine, nell’atto pratico non è difficile, anche se a volte sembra il contrario perché richiede costanza, ma, una volta strutturata è meno complicato del dover trovare ogni giorno le motivazioni ad andare avanti.
Magari hai una dieta, parti motivata, la segui fino a sabato, poi domenica vai ad una festa, mangi una fetta di torta e quindi abbandoni il tuo progetto di dieta, perché ti demoralizzi.
Oppure, per fare un altro esempio, ti impegni per fare più esercizio fisico, per alcuni giorni riesci, poi però, un giorno senti il dolore muscolare, un giorno piove e fa freddo, un giorno finisci più tardi di lavorare e quindi rinunci ad andare.
Oppure parti con sprint in un nuovo progetto lavorativo, ma dopo alcuni carichi di lavoro inattesi, gli imprevisti ti distolgono dal progetto e ti affondano nel morale, confermandoti nella convinzione che per te non c’è possibilità di cambiare.
Queste situazioni sono estremamente frequenti, anzi, potremmo dire che sono inevitabili, accadono a chiunque, sia a persone che, “riescono”, sia a persone che invece “falliscono” e che si sentono sconfitte.
Ma se capitano a tutti, dove sta la differenza tra chi nella vita “riesce” e chi “non ce la fa?”
QUESTIONE DI PUNTI DI VISTA
Non vediamo le cose per come sono, ma per come siamo
ANAIS NIN
È opportuno specificare subito una cosa: queste situazioni, non rendono “falliti”, rendono “umani”.
Ciascuno di noi ha momenti di “up” e momenti di “down”. Chi racconta il contrario mente spudoratamente, agli altri, e soprattutto, a sé stesso!
Il fallimento e la cedevolezza nel percorso di costruzione delle buone abitudini appartengono a tutti, anche a quelli descritti “vincenti”.
La differenza non sta né nel fatto che non sbagliano mai, che è impossibile, pertanto una grande bugia, né solo nella loro forza di volontà o motivazione, che come a tutti sale e scende, ma nella capacità di risalire dopo lo scivolone.
Alla luce di queste considerazioni, vediamo quattro strategie che, lungi dall’essere miracolose o esaustive, possono però aiutarti ad avvicinarti al progetto.
MEGLIO POCO E SEMPRE, CHE TANTO A VOLTE
“Si soffre molto per il poco che ci manca e gustiamo poco il molto che abbiamo.”
WILLIAM SHAKESPEARE
Anche se non hai voglia o se non te la senti di fare tutto, almeno fai un pezzettino di quello che ti sei proposto.
Non è infatti il singolo sgarro o la singola scivolata il problema, ma la somma progressiva di più sgarri, che si sommano e che diventano a lungo andare insostenibili, come un sassolino che rotola dalla montagna e inesorabilmente porta con sé altri detriti fino a diventare una valanga inarrestabile.
Se salto un allenamento non è che questo mi fa immediatamente riprendere i 10 kg che ho perso, ma se per demotivazione inizio a ripetere questo comportamento 5, 6, 7, 8, 9,10 volte, ecco che allora la somma del comportamento inizia a diventare realmente disfunzionale.
Per questa ragione mantenere il programma anche a piccole dosi è comunque meglio.
Anche se non ho voglia di fare l’allenamento di un’ora, almeno faccio 20 flessioni, non ho voglia di fare mezz’ora di corsa, almeno esco e corro dieci minuti, o passeggio, o faccio piegamenti sulle gambe.
Meglio poco che niente, per evitare la trappola del “se non posso fare 100, non faccio nemmeno 1”.
Non hai abbastanza tempo per fare una vacanza, fai una piccola gita in una città vicina.
Non hai il tempo di scrivere il progetto che hai in mente, scrivi almeno un primo paragrafo.
Anche se è meno, per l’effetto “somma” questo ti avvicinerà comunque all’obiettivo.
CIRCONDATI DI PERSONE CHE CREDONO NELLE TUE CAPACITA’
Incontrerai sempre persone che cercheranno di sminuire i tuoi successi. Cerca di non essere tu il primo a farlo
MICHAEL CRICHTON
Se qualcuno si aspetta che tu faccia qualcosa, è più facile che tu la faccia!
Non deve essere per forza una persona estremamente importante, come non è necessario che la richiesta sia eccezionale, anzi…
Per farti un esempio potresti semplicemente fare amicizia con qualcuno in palestra.
Il semplice sapere che c’è qualcuno con il quale scambiare due parole e che ti aspetta, può diventare uno stimolo maggiore per fare tale azione.
Sbaglierai tu? Poco male, ogni tanto sbaglierà anche lui?
Ti sentirai sfiduciato? Lui ti ispirerà e ti motiverà, come te, anche se magari non lo sai, ispirerai lui.
“Non posso mollare, mi sta aspettando”.
“Non posso arrendermi, gli serve un partner per allenarsi”.
Io personalmente ho corso per molto più tempo e per maggiori distanze quando avevo la mia compagna di “corsa chiacchierata”.
Quante volte anche in ambito lavorativo riusciamo a dare più di quello che pensiamo di poter affrontare perché persone che rispettiamo ci hanno affidato dei compiti importanti o semplicemente sono convinti che possiamo farcela?! Questa aspettativa ci da la carica per andare altre noi stessi.
COMINCIA CON QUELLO CHE HAI, NON QUELLO CHE VORRESTI AVERE
“Quello che trasforma la vita in una benedizione non è fare ciò che ci piace, ma farci piacere ciò che facciamo.”
GOETHE
Questa considerazione nasce dal fatto che molte persone, prima di partire, trovano una enormità di scuse: non ho abbastanza tempo, non ho abbastanza soldi, non ho i contatti giusti, non vivo nell’ambiente opportuno, non ho abbastanza esperienza, ecc … Il tipo di approccio corretto, invece è “ci posso almeno provare”.
Infatti la maggior parte delle persone si trova effettivamente a partire da condizioni non ottimali: pochi contatti, poca esperienza, pochi soldi, poco tempo, ecc… ma alcuni partono comunque e provare a partire comunque, con le risorse che si hanno è sempre più efficace che non partire.
Anche perché questa seconda alternativa si trasforma poi in una lamentela sterile, depressiva e completamente controproducente.
È come un naufrago che riesce a salvare uno zaino e si dispera perché all’interno trova solo un coltello e una lente di ingrandimento e si lamenta perché sostiene che sarebbe stato più utile una pistola per cacciare e un accendino per accendere il fuoco.
L’attenzione a ciò che manca non gli permette di apprezzare quello che ha.
Se ci concentriamo su quello che ci manca perdiamo di vista l’obiettivo e tutto diventa un ostacolo insormontabile.
NON SERVE FARE LE COSE NEL MIGLIOR MODO POSSIBILE
C’è una crepa in ogni cosa.
E’ da lì che entra la luce.
LEONARD COHEN
Rimanere convinti che occorra solo fare le cose nel modo migliore, crea una falsa idea che tende a paralizzare il cambiamento. Ad esempio “vorrei togliere gli zuccheri semplici dalla mia dieta, ma ogni sabato sera ho un appuntamento con il mio club e là si portano sempre torte fatte in casa, per cui, siccome non riesco a rinunciare alla tentazione di mangiarla devo abbandonare il mio club? oppure devo rinunciare alla dieta? Assolutamente no! Ancora una volta la trappola è nel ragionare in modo assolutistico del “tutto o niente”. Se anche decido di non rinunciare alla fetta di torta, ma mangio correttamente per tutti gli altri pasti della settimana è comunque meglio che non mangiare bene mai. Così come mangiare bene una volta alla settimana è meglio di non mangiare bene mai e mangiare bene due giorni alla settimana è meglio di mangiare bene solo una volta e tre volte è meglio di due.
Sembra una banalità e allora, siccome è banale, perché non utilizzare tale approccio anziché rinunciare a tutto completamente in blocco?